sabato 27 giugno 2009
Sembra non sia più tempo della politica delle grandi idee. E questo avviene non solo nella nostra Europa, ma nel mondo intero dove hanno più spazio e si dà più rilievo ai pettegolezzi, alle accuse personali che all'impresa di migliorare il tono di vita della gente, piuttosto che lavorare per il futuro della terra.
Mentre la tecnica, chiamando con un nome facile l'immenso mondo della sperimentazione e della scoperta, ha fatto progressi inimmaginabili cinquanta anni fa, e ci ha aperto strade infinite, il mondo del pensiero invece pare fermo e sordo. Con questo non vogliamo colpire il pensiero alto che appartiene a una piccola parte dell'umanità pensante, ma a qualcosa di più vicino a noi come potrebbe essere l'amore alla vita della città, cioè la politica. Il distacco tra tutto questo e il vivere di tutti i giorni della gente comune è sempre più largo. Si dà l'impressione che si voti per togliersi in fretta un problema e che poi tutto il resto, cioè la nostra vita, venga affidata senza preoccupazione alcuna a chi se ne farà carico. La politica seria che richiederebbe ogni giorno collaborazione con l'elettorato viene distratta da martellanti critiche personali da una parte all'altra facendo passare, quasi nell'ombra, iniziative e incontri internazionali che dovrebbero dare inizio a direttive di grande importanza per ognuno di noi.
Non è facile per un lettore normale scoprire nell'intricato groviglio degli articoli dei quotidiani ciò che riguarda anche lui, quando esce dall'ufficio, dal negozio, dall'officina, dalla scuola. Nessuno si preoccupa di spiegare quanta parte del lavoro del mondo politico gli appartenga di diritto, mentre viene invece distratto e sollecitato a schierarsi da una parte o dall'altra di polemiche che non costruiscono, ma distruggono quel poco di serietà civica che ci è rimasta. Ritorniamo alle cose serie, riscopriamo che un po' di severità, anche nel nostro piccolo mondo quotidiano, fa bene. Che la fermezza è una virtù, che la tenacia e la perseveranza alla fine pagano e non sono simulacri di sconforto o di sventura. Quella felicità, che è il giusto desiderio di ognuno, è più facile sia il compenso di un serio impegno che di una ubriacatura di un giorno. Guardiamo ai nostri bambini ai quali non sappiamo più dire di no perché ci sembra un lavoro troppo grave, per il poco tempo di cui disponiamo, negare loro quelle richieste che da grandi diventeranno per loro esigenze irrinunciabili. Un popolo, se vuole, può dare esempio di onestà e di rettitudine e forse questo momento di crisi mondiale, richiamando tutti a una maggiore responsabilità, può svolgere un ruolo positivo nel nostro modo di vivere. Se noi stessi saremo corretti e affidabili potremo allora chiedere, con diritto, al mondo politico che ci governa maggiore correttezza e moralità.
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