giovedì 23 ottobre 2014
In vino veritas, ma anche auxilium. Così è stato almeno per il Duomo di Vienna, lo Stephansdom, fin dall'inizio della sua plurisecolare storia. Raccontava l'umanista austriaco Johannes Cupinianus che il vino dell'annata 1450 si rivelò a tal punto scadente che nessuno voleva berlo. L'imperatore Federico III volle però che non fosse buttato via, ma venisse usato per impastare le malte con cui costruire parte delle mura e del tetto della chiesa. Malte alcoliche che avrebbero fatto ubriacare i diavoli che volevano impedire che la città avesse una nuova e monumentale cattedrale. Anticamente, il giorno di Santo Stefano andava in scena un rito popolare: si metteva un sasso in un calice e gli si versava sopra il vino rosso precedentemente benedetto, per ricordare il sangue del primo dei martiri. Ieri questa tradizionale alleanza tra il frutto delle vigne austriache e lo Stephansdom ha vissuto un nuovo capitolo, con la presentazione nella Cappella di San Bartolomeo di tre tipi di vini dedicati al Duomo, gli “Stephansdomweine”, prodotti da due cantine rinomate, Paul Lehrner e Feiler-Artinger. Verranno venduti alla ristorazione e al dettaglio, ma con un fine speciale. Dal ricavato di ogni bottiglia, nove euro circa, un euro andrà a finanziare i perpetui lavori di manutenzione e restauro attuati dalla Fabbrica del Duomo, che ogni anno pesano sulle casse della diocesi per più di due milioni di euro. A volte basta anche un buon bicchiere di Riesling per far nascere un'intesa tra Curia, fedeli e imprenditori.
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