giovedì 28 novembre 2013
«La gioia del Vangelo»: anche gioia di parlarne qui. Ieri in tante pagine, certo, ma in alcune come in castigo: un angoletto dietro la lavagna. Sul "Fatto" p. es. 16 righette a p. 7 con titolo banalizzante: «Papa: meno prediche e più donne nella Chiesa». Tutto qui, per ora. Pochino, vero? In prima edizione del "Manifesto" addirittura niente, poi rimediato in agrodolce, più agro che dolce, però (p. 6). Qualcuno ha parlato di documento «terremoto». No, ma una bella scossa di vita! Qui vale una riflessione sull'inizio del n. 32, dei 288 complessivi: «Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato». Importante! Non si tratta di conversione «del Papa» – anche San Pietro ne ha avuto bisogno (parola di Gesù a lui: «… e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli!») e nel corso dei secoli tanti Papi lo hanno mostrato, in positivo o in negativo – ma «del Papato». Il modo di esercizio di esso, e della presenza viva del Papa nella Chiesa è anche figlio della storia. Già Giovanni Paolo II chiese solennemente ai suoi fratelli vescovi, e persino ai teologi, di essere aiutato nel «ripensare» il ruolo del Successore di Pietro, e Francesco stesso lo ricorda subito dopo l'inizio riferito, e scrive che «siamo avanzati poco in questo senso». Ripensare le articolazioni storiche e umane della Chiesa, che è di Cristo e come tale non ha bisogno di ripensamenti, ma è anche nostra e allora ne è sempre bisognosa. In pagina se ne potrà parlare poco, o tanto, e anche con molto agro e poco dolce, ma «la gioia del Vangelo» è innanzitutto quella di non adulterarne i contenuti, soprattutto quelli più scomodi per le nostre abitudini… Bel compito! Davanti alla lavagna, riguarda tutti noi.
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