martedì 16 febbraio 2010
Un'altra accusa tra le tante rivolte alla moglie del mugnaio nel romanzo apuleiano, del quale abbiamo parlato nelle precedenti puntate, è quella di essere «ebriosa». Anche questa era una tipica accusa anticristiana. Gravi incomprensioni rispetto all'Eucaristia produssero accuse di omicidio e antropofagia, attestate specialmente da Giustino e Tertulliano, e forse la seconda già in Petronio. L'accusa di essere ubriaconi era dovuta, similmente, a un'incomprensione del vino eucaristico. La donna è accusata di bere vino già al mattino presto (matutino mero): Plinio attesta che le celebrazioni eucaristiche avvenivano al mattino (Ep. 96,7). E in Atti 2,15 Pietro difende i discepoli cristiani dall'accusa di essere ubriachi già alle 9 del mattino; ciò probabilmente riflette un'imputazione che circolava già al tempo di Luca, negli ultimi decenni del I secolo. La caratteristica della moglie del mugnaio di essere in sumptibus foedis profusa può spiegarsi bene anch'essa in riferimento a un matrona cristiana: le spese di cui è accusata potrebbero essere offerte a una comunità cristiana e ai poveri. Tali donazioni sono attestate, e derise, anche da un contemporaneo di Apuleio, Luciano, nel Peregrinus, nel ritratto della comunità cristiana che manteneva Peregrino quando questi apparteneva ad essa (come ho studiato su Aevum 2005). La donna è anche detta pervicax pertinax. Anche l'accusa di ostinazione era viva contro i cristiani al tempo di Apuleio, come attestano Plinio e Marco Aurelio. Plinio in una lettera a Traiano (Ep. 10,96) osserva che i cristiani sono caratterizzati da pertinacia et inflexibilis obstinatio, che finiscono per essere amentia, «follia». Marco Aurelio, sotto cui Apuleio probabilmente scrisse il suo romanzo, descrive i cristiani come ispirati da «pura opposizione» (psilè parataxis), probabilmente anche a causa dell'influsso del montanismo. La moglie del mugnaio è inoltre accusata di essere inimica fidei, per disprezzo delle divinità tradizionali (spretis atque calcatis divinis numinibus): si è rivolta piuttosto a una religione fatta di pratiche vane (confictis observationibus vacuis) e professa un monoteismo: in vicem certae religionis mentita sacrilega praesumptione dei, quem praedicaret unicum. Apuleio sembra essere il primo autore pagano a chiamare il Dio cristiano unicus. Le religioni strettamente monoteistiche del suo tempo erano il giudaismo e il cristianesimo, ma solo il primo era legalmente riconosciuto a Roma, mentre il secondo era una superstitio illicita. Di qui l'accusa di ateismo ai cristiani. Sotto Domiziano, molti furono condannati per ateismo e costumi giudaici secondo Dione Cassio, ma nessuno poteva essere legalmente condannato per giudaismo, che era religio licita nell'impero romano. I condannati erano cristiani. La diffusione dell'accusa di ateismo contro di loro verso la metà del II secolo è attestata da Giustino, che in Apol. 1,6,1 è disposto ad ammettere che i cristiani sono atheoi, ma solo rispetto alle divinità tradizionali pagane, non al vero Dio (cf. 1,24,1-3).
Altri tratti distintivi della moglie del mugnaio sono lascivia e impudicitia. Anche queste accuse erano vive contro i cristiani al tempo di Apuleio, dopo essere state usate contro i giudei. Lo attestano Giustino e Tertulliano, che cita infanticidio e incesto e osserva che sono piuttosto i pagani colpevoli di tali scelera, come dimostra Giove stesso con i suoi adulteri, mentre i cristiani perseguono la castità. Ancora nel capitolo 15 del romanzo apuleiano la moglie del mugnaio è caratterizzata da pessimae feminae flagitia. Ha un amante (quendam iuvenem) e frequenta ogni giorno una donna anziana, presentata come cospiratrice. Le macchinazioni delle due donne sono poi descritte a lungo, come pure la scena in cui il mugnaio scopre l'amante della moglie nascosto sotto un cesto. L'anziana donna può facilmente rappresentare una ministra cristiana che portava l'eucaristia alla moglie del mugnaio: le accuse di ebrietas e di impudicitia erano collegate precisamente alle celebrazioni eucaristiche.
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