martedì 13 gennaio 2015
Gerusalemme, Atene, Roma, tutta la storia antica e ancor più quella moderna è un susseguirsi di umanità urbana di cui nessuno può immaginare di fare a meno. "Cittadino" è diventato nel tempo sinonimo di libertà personale, di diritti inalienabili, ma c'è una quota, minoritaria o esigua, di umanità che non è riducibile a dimora urbana. Necessita di spazi aperti, di orizzonti sfumati tra terra e cielo, di montagne fin quante ce n'è. Se questa umanità abbandona il cavallo al destino di animale in via di estinzione, o all'animalismo, condanna se stessa. Se dimentica il passato, non ne celebra la mitologia, perde la possibilità di tramandarsi rigenerandosi. L'animalismo è l'ultima delle ideologie totalitarie del ventesimo secolo, la più distruttiva avendo ampliato il proprio campo d'azione dall'umanità a tutte le creature. Io voglio raccontare di un antico patto che antichi uomini e antichi cavalli stipularono a reciproco sostegno, mutuo soccorso. Esaurita nel tempo la quasi totalità delle motivazioni utilitaristiche, sottratto alla servitù di un rapporto produttivo, quell'antico patto riconsegna a uomini e cavalli una ricchezza comportamentale, spirituale, che merita di essere indagata, offerta alla vita quotidiana di chi comincia a percepirne mancanza.
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