domenica 5 aprile 2015
«Un buon segnale è venuto dalla Commissione Giustizia del Senato» che giorni fa ha approvato la bozza di una legge sulle cosiddette unioni civili. Questo è, su La Repubblica di sabato scorso, il giudizio di Stefano Rodotà, uno dei due portabandiera (l'altro è Umberto Veronesi) del "diritto di morire". Un buon segnale? La probabile legge di cui si parla appartiene all'elenco dei cosiddetti "diritti civili" che si è aperto con il divorzio e ha seguitato con l'aborto e la fecondazione artificiale, ma non solo. Un buon segnale lo sfascio delle famiglie, l'abbandono alla tristezza dei figli, e poi l'uccisione dei figli nel grembo materno: un delitto che diventa diritto, come il Santo Papa Giovanni Paolo II scriveva, giusto vent'anni fa, nella Evangelium Vitae. E poi ancora la fecondazione artificiale umana che solo l'impegno dei cattolici era riuscito a rappezzare qua e là per limitare i danni, scontrandosi poi con la creatività di certi Tribunali e infine con i gravi errori della Corte Costituzionale che ha ritenuto costituzionali la cernita, la manipolazione e il congelamento degli embrioni e poi il ricorso alla "eterologa" e quindi "buona" tutta una serie di pasticci medici, familiari, ereditari e anagrafici, quasi che il concepimento, la gestazione e la nascita dei nuovi cittadini possano essere trattate come se fossero combinazioni chimiche, commerci e "conquiste civili", senza alcun rispetto della dignità dei nuovi esseri umani. Ovviamente la riflessione di Rodotà abbonda di «fondamentalismo», «ideologie violente», «vincoli irragionevoli» e «dipendenze dall'esterno» (leggi Chiesa). Non ostante ciò il difensore della "buona morte" parla di «dignità del morire» e chiama in causa la Costituzione che proibisce di violare «i limiti imposti dal rispetto della persona umana», presenta come esemplari le leggi di molti Paesi stranieri, e richiama i due «diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute». Come se fossero salute l'aborto, la morte, il congelamento degli uomini in embrione e il matrimonio tra due persone del medesimo sesso. Purtroppo contro una società fondata sulla solidarietà tra i suoi cittadini alla ricerca del bene comune, il laicismo rodotiano insiste nel richiamarsi all'autodeterminazione che, in quanto «diritto fondamentale» di ciascuno, equivale in realtà alla progettazione di un regime-non-regime di individualismo autocentrato sul primato dell'egotismo anarchico e sulla inutilità delle leggi. Una società di questo tipo non è fatta di cives, cioè di cittadini corresponsabili i cui diritti non potrebbero mai essere chiamati "civili": mancherebbero le leggi e un'etica condivisa e al posto dei diritti abbonderebbero i delitti. Un "buon segnale"?IL METRÒ "LAICO"La metropolitana? «È uno spazio laico dove non sono ammesse prese di posizione politiche né religiose». Così il «catechismo della morale laica» francese. Un manifesto nel métro parigino invitava a un spettacolo di tre cantanti sacerdoti di grande successo "Au profit des chrétiens d'Orient", a favore dei cristiani d'Oriente, si è visto censurare lo scopo. La Stampa (venerdì 3) ha deplorato questa «laïcité integralista», ma se si è guardata dal definirla laïcisme. Su La Repubblica, invece, era apparso (venerdi 27) un articolo del filosofo tedesco e laico Jürgen Habermas di condanna del laicismo: «Nello zelo eccessivo dei guardiani dell'ortodossia illuministica... la religione dovrebbe completamente ritrarsi dalla sfera pubblica». Sennonché «il secolarismo si appoggia a un naturalismo hard giustificato in termini scientistici... Mi chiedo se una mentalità laicista... non finirebbe per essere altrettanto poco desiderabile che una deriva fondamentalista dei credenti».
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