sabato 8 settembre 2012
Nella mia biblioteca: De Gasperi e il suo tempo, De Gasperi uomo solo, De Gasperi e l'Europa, Lettera dalla prigione, I tempi e gli uomini che prepararono la "Rerum Novarum", De Gasperi in Cara Francesca, La nostra patria Europa, Scritti e discorsi politici e molti altri volumi allineati sugli scaffali del mio studio.
Ora di Francesco Giovannini: Suor Lucia De Gasperi, disarmata di sé (San Paolo), viene presentato prima a Roma e a Genova, poi a Calavino, dolce paese del Trentino nella valle dei Laghi. Un'aula attenta e silenziosa attendeva le parole dei presentatori. Tra gli altri l'autore che si era impegnato profondamente prima nel conoscere e poi nel portare questa sua esperienza ai lettori di un argomento tanto impegnativo e non facile come può essere la vita di una suora. Non descriveva il suo lavoro, ma l'intensità della sua esperienza. l'emozione di una scoperta, quasi una strada di umiltà nell'avvicinarsi all'anima forte e nello stesso tempo timorosa di sé, di una donna morta giovane e felice dell'incontro con l'Infinito. Giovannini ha saputo descrivere una mano delicata, quasi seguisse un tracciato già pronto, il fascino della contemplazione e dell'apostolato educativo scelto da suor Lucia nell'Istituto dell'Assunzione. La lettura scorre piana nelle trecento pagine che disegnano un tempo, un luogo, un modo di vivere che siamo facili giudicare assente dalla vita quotidiana e che invece, attraverso il racconto delle giornate di un convento si rivela attento ai motivi che riguardano il sociale, la politica, il futuro delle giovani affidate per tante ore ogni giorno all'intelligenza e alla sensibilità di queste donne con i capelli coperti da un velo. L'Istituto dell'Assunzione ora è chiuso e le suore anziane prestano servizio ai poveri di una parrocchia a Roma e a Genova dove il 5 dicembre 1966 suor Lucia, a 41 anni, ha lasciato su questa terra il suo ultimo respiro. La gente di Calavino ascoltava in silenzio, poi toccò a me ricordare la nostra vita assieme, piccola Lucia. Quella vita passata nella stessa stanza a giocare, a studiare, a dormire. Una vicina all'altra, attente, ancora dalla prima età a rispettare le diversità del nostro atteggiamento nei confronti della vita. Precisa e silenziosa tu chiedevi ai tuoi libri l'aiuto per comprendere le ragioni del mondo che viveva attorno a te mentre io voltavo le pagine di greco e di latino, ma attraverso la finestra il pensiero volava alle nuvole rosa del tramonto dietro la cupola di San Pietro. Solo più tardi, diventate donne ho capito quanto eravamo legate da profondo affetto e il giorno che mi hai detto che avevi fatto la tua scelta di vita lontana da noi non ho saputo risponderti che «ma allora come farò a cantare!». Riassumevo in due parole il nostro amore per il canto, da sempre fatto assieme, con quell'assenza di te, del tuo viso, della tua semplicità, di una vita diversa da affrontare. Da allora tu fosti la lampada accesa per la nostra famiglia e soprattutto per nostro padre che ti chiedeva conforto e preghiera. Quando finii di parlare nella sala molti occhi erano bagnati di lacrime.
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