sabato 11 maggio 2013
I capelli le uscivano dal velo, erano neri, luminosi e un po' mossi. Lasciate le caraffe con l'acqua e la frutta, si era ritirata nell'ombra di un'altra stanza. Gesù si mise a rinfrescarsi e a mangiare con gli uomini. L'incontro con l'indemoniato lo aveva reso pensoso. Poi aveva chiesto a Simone: «Chi è la donna che soffre di là con tua moglie?». E Simone: «Sua madre». Poi passando una mano sul tavolo come se la passasse sul legno della chiglia: «Molto malata…». «Portami da lei». Nella stanza l'odore era pesante e si udiva solo il lamento sommesso. La moglie di Simone aveva abbassato la fronte, un gesto asciutto. Si vergognava di quel posto, di quell'odore, della infame malora del corpo di donna di sua madre, si vergognava di non sapere cosa fare con lei che stava tornando bambina. E d'essere donne che invecchiano, che a un certo punto perdono le forze, perdono la bellezza, tutto. Gesù l'aveva guardata e nella penombra in quella pupilla del Nazareno lei vide qualcosa che non conosceva. Una dolcezza, una forza? Un'ala notturna? Se lo sarebbe chiesto per tutti i suoi giorni. Gesù diede una carezza sulla fronte all'anziana gemente. Subito quella smise di lamentarsi, e dato un sospiro più forte, parve addormentarsi, quieta. La moglie si portò di colpo le mani sulla bocca.
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