mercoledì 14 settembre 2022
Se «si spengono le luci di quell'ultimo caffè», come nella canzone di Modugno, oggi si deve mettere in conto che potrebbe essere per sempre. Il risveglio di settembre per titolari di bar, ristoranti e alberghi è stato più traumatico della crisi pandemica, con le bollette del gas aumentate di almeno 2,5 volte rispetto allo stesso mese del 2021, che si sommeranno a quelle dell'energia elettrica. Anche il "mio" bar, quello dove vado a prendere il caffè, da qualche settimana accoglie quasi al buio e nessuno osa chiedere perché, mentre questa sera sarò a Oropa, forse a cena per l'ultima volta in un ottimo ristorante che avrebbe deciso di restare chiuso alla sera. Piero Amarotto, classe 1956, è un ristoratore di Casale Monferrato, sposato a Lorenzina, migrata dal Polesine con la famiglia, dopo la tragica alluvione di 70 anni fa. Sono andato a trovarlo e mi ha colpito il sorriso suo e delle figlie Elisa e Pamela, che stanno in cucina con la mamma, nonostante una bolletta di svariate migliaia di euro. Ma, quando sono tornato a casa e ho letto il libro della sua vita, che presenterà domenica nel castello di Casale, ho capito che la forza di quest'uomo che ha visto successi, ma anche spalle voltate e fallimenti, sta nel "gusto per la vita", alimentato dalla sua famiglia, che si è fatto "una vita per il gusto". Qualcosa che lo ha reso sicuro. Amarotto in questo libro ha voluto citare gli artigiani che gli vendono i prodotti di qualità, ma anche i colleghi dove lui va a mangiare, "rappresentando" così una delle filiere che sostengono – lo abbiamo scritto tante volte – quell'attrattiva turistica tipicamente italiana e decisamente unica rispetto ad altri Paesi del mondo. Ma siamo in un pericoloso limbo, perché il tema dei piccoli imprenditori nel settore della ristorazione, dopo le peripezie per trovare personale, è se chiudere o continuare. Pensiamo cosa voglia dire tutto questo per un albergo, che difficilmente, dopo una stagione pur positiva segnata anche da copiose vacanze di settembre, rischia il default, con la minaccia di perdere una seconda volta il personale. Un caso classico di ripartenza vorticosa d'inflazione con aumento della disoccupazione e, quindi, inevitabile recessione a cui – da subito – occorrerebbe fare fronte. Il 25 di settembre e la formazione di un governo sembrano molto in là rispetto a questa emergenza che ha i giorni contati per tante imprese, molte delle quali avviate da giovani che erano ai nastri di partenza e già sentono il fiato sul collo delle banche. Ci vorrebbe un patto di unità nazionale adesso: poche grandi cose certe da mettere in campo. Ma chi ascolta?
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