Un passo falso della riforma
martedì 16 novembre 2010
Di là delle intenzioni del legislatore, la recente riforma della pensioni porta con sé alcuni effetti indesiderati. Danni collaterali per la salute previdenziale di diversi lavoratori, in particolare assicurati Inps, vengono registrati con frequenza via via che si estende l'applicazione della legge 122/2010.
Sono ormai chiari i paletti che la riforma ha introdotto per ogni settore lavorativo (finestre mobili, totalizzazione rigida ecc.), con un occhio particolarmente severo per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego. Fra le restrizioni della legge è inciampata anche, con la sua totale cancellazione, la legge 322 del 1958, l'unica opportunità che garantiva, agli assicurati dell'Inpdap senza pensione, di poter trasferire gratuitamente i contributi all'Inps, con la prospettiva di raggiungere comunque un assegno per la vecchiaia.
In realtà la cancellazione della legge 322 ha prodotto indirettamente un vuoto normativo, che la riforma non aveva considerato, con notevole danno per gli interessati. Lo spiega meglio l'esempio di un lavoratore che possiede contributi sia all'Inpdap sia all'Inps.
Prima ipotesi: il lavoratore è già pensionato dell'Inpdap. Nello stesso tempo ha anche pochi contributi nell'assicurazione generale Inps. Prima di ottenere la pensione come dipendente pubblico, aveva la possibilità di incrementare la posizione Inps con i contributi volontari, oppure ricorrendo alla ricongiunzione o totalizzazione dei versamenti, e maturare così una seconda pensione autonoma. Una volta divenuto pensionato dell'Inpdap, se i pochi contributi Inps non sono stati toccati danno diritto ad una "pensione supplementare" dello stesso Inps, essendo appunto insufficienti per un normale assegno di vecchiaia o di invalidità. La pensione supplementare (che non va confusa col "supplemento di pensione") ha un importo sempre ridotto rispetto alle pensioni ordinarie, perché viene calcolata solo in base ai contributi versati, senza riferimenti alle retribuzioni; ha il vantaggio però di non richiedere oneri per l'interessato.
Seconda ipotesi: il lavoratore è pensionato Inps e possiede pochi contributi nell'Inpdap. Prima della riforma, questi contributi sarebbero stati direttamente e gratuitamente trasferiti all'Inps, e qui utilizzati, grazie alla legge 322. Dopo la riforma, cancellata la 322, l'interessato può sempre movimentare la posizione Inpdap (ma con misure a pagamento), non può ricorrere però ad alcuna pensione supplementare, per il semplice motivo che questo tipo di pensione non è mai esistito nell'Inpdap. La legge 322 provvedeva infatti a risolvere alla radice le situazioni contributive insufficienti nell'Inpdap.
Si è prodotta così una disparità di trattamento tra gli assicurati Inps e gli assicurati Inpdap, a danno dei primi, certamente non voluta dal legislatore, il quale da tempo sta operando per una previdenza parificata fra i due grandi settori lavorativi, il pubblico e il privato. Ma a volte è distratto.
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