martedì 3 settembre 2002
Svegliandomi al mattino, sorrido. Ho davanti a me una giornata nuova di zecca. Noi la guardiamo come una pagina d"agenda, segnata da una cifra e da un mese. La trattiamo alla leggera come un foglio di carta. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore inestimabile di un solo nostro giorno.Del 2002 abbiamo già consumato 246 giorni e ce ne rimangono ancora 119. Così leggo, sotto la data odierna della mia agenda. Di questo scorrere veloce del tempo non ci preoccupiamo, anzi abbiamo coniato l"espressione «ingannare il tempo» non tanto per cercare di strappargli qualcosa di più, quanto piuttosto per bruciarlo più in fretta. Proprio in un libretto intitolato Ingannare il tempo (ed. Ancora) trovo la bella riflessione di Madeleine Delbrêl (1904-1964), una straordinaria mistica francese vissuta, però, nei quartieri operai miseri della periferia parigina.Il suo è un invito a scoprire non solo il valore del tempo ma anche l"essere scrigno di un mistero: in esso, infatti, s"annida una scintilla di eternità. E questo non solo perché Cristo, incarnandosi, ha deposto un seme divino nella nostra creaturalità, ma anche perché è qui e ora che noi costruiamo il destino futuro di luce o di tenebra, di gloria o di silenzio. Il salmista ci invita ogni giorno a pregare così: «Signore, insegnaci a contare i nostri giorni e avremo la sapienza del cuore» (90, 12). Ogni nuovo giorno è stato per noi pensato da Dio fin dall"eternità e in sé racchiude un piccolo mistero di salvezza.
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