venerdì 10 aprile 2020

Venerdì di Passione e morte. Il Vangelo odierno ci tramanda un dettaglio di non poca importanza. Al momento della crocifissione, è detto che i soldati volevano fare in quattro parti la tunica che Gesù indossava. Poi ci ripensarono perché la tunica era senza cuciture, ed essendo quindi preziosa, decisero di venderla. Bisogna sapere che la tunica inconsutile era l’abito regale, il Vangelo ci dice quindi che Gesù era proprio il Re atteso, ma non certo alla maniera del mondo.
Gesù è re, anche sul legno della Croce, e la sua tunica ne è il segno indelebile. Ora quella tunica siamo noi stessi, noi cristiani, che dovremmo essere uniti, senza cuciture, ma invece al nostro interno abbiamo tanti strappi, talvolta toppe, zone scucite e oppure rammendi. Ma non solo: quella tunica è tutta l’umanità che non riesce a stare unita, come quella di Cristo, ma è lacerata da profonde divisioni, conflitti, malattie e oggi da una pandemia che ci tiene tutti sfilacciati tra di noi, quasi fossimo dei punti isolati qua e là in un vestito a rattoppi. E ancora, quella tunica è la terra tutta intera, che dovrebbe stare insieme e invece è stata da noi tagliata senza modello. A dir la verità, ci siamo comportati verso di essa anche peggio di quanto abbiano fatto i soldati nei confronti di Gesù.
Che sia possibile questa interpretazione ci viene proprio dall’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che cita a sua volta il Patriarca greco ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo. Ho avuto modo di conoscerlo da vicino quando vivevo a Istanbul e di apprezzarlo. Ecco che cosa il Papa e il Patriarca ci dicono al paragrafo 9 dell’enciclica: «Noi cristiani, inoltre, siamo chiamati ad “accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. E’ nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta”».
Quella tunica senza cuciture siamo ciascuno di noi, siamo la nostra Chiesa, siamo le differenti Chiese cristiane, siamo l’umanità e ancora di più siamo la terra stessa che abitiamo. Siamo, ma sarebbe più giusto dire che dovremmo essere, perché se non ci mettiamo di buona volontà, questa tunica sarà sempre più sfilacciata, lacerata e infine gettata via. Ma c'è dell'altro. A stare alle parole del Patriarca, in quella tunica si anniderebbe anche l’ultimo granello di polvere del pianeta, forse anche il virus. Di fatto, il virus lo spazio se l’è preso e noi glielo abbiamo lasciato e forse anche preparato. Adesso fa parte di quella tunica, anche se è difficile formulare questo pensiero, perché lo si vorrebbe debellare. Se l’uomo l’ha forgiato in una lenta trasformazione, con quella stessa lentezza riuscirà a sconfiggerlo. A oggi, si è incastrato nelle maglie di quell’abito regale. Se ci prendessimo più cura di quella tunica, non dovremmo tagliare e cucire milioni di mascherine. O forse non è così, ma è lecito pensarlo nel giorno della tunica tirata a sorte.

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