mercoledì 18 ottobre 2017
Siamo agli ultimi scorci della vendemmia più calda degli ultimi anni, che è pure quella dove si è registrato il flop dei voucher, che sono stati riformati nel segno della complicazione. Restrizioni, assurdi giri di carte, per ottenere un solo risultato: scoraggiare. Questa è l'Italia pasticciona, che di fatto spinge al lavoro in nero, in mancanza di una certezza nel breve periodo. Nessuno lo dice ma tutti lo sanno. E fanno finta di niente, in nome della sacra norma che, con tanta ipocrisia, va rispettata benché astrusa.
Nello scorso fine settimana si è svolto anche il G7 dell'agricoltura a Bergamo, dove Carlo Petrini ha lanciato l'idea di un ministero dell'alimentazione. Qualche giornale ha ripreso la notizia, ma senza scaldarsi più di tanto, mentre qualcuno in cuor suo avrà pensato: un altro ministero? Già, siamo il Paese che negli ultimi trent'anni ha abolito, anche con referendum, una serie di ministeri, salvo poi riproporli in chiave diversa e meno efficace dei primi, proprio come i voucher che funzionavano...
Tuttavia la proposta del fondatore di Slow Food va proprio nella direzione opposta all'inflazione di sedie, giacché la funzione di tutelare l'alimentazione oggi è disseminata fra Comitati (c'è quello nazionale sulla sicurezza degli alimenti, per esempio) che fanno capo a ministeri diversi. Col risultato del solito caos. Nei vari Paesi del mondo un ministero del genere è previsto. In Italia ancora no, nonostante abbia concepito un Expo dedicato esattamente a quel tema e nonostante sia un Paese di riferimento, anche dal punto di vista scientifico, del tema alimentare. Avere un ministero dell'alimentazione, nella terra della Dieta Mediterranea, fa parte della logica delle cose. Ma la logica non è di casa nostra.
Perché la proposta di Petrini, condivisa, anzi lanciata oltre due lustri fa dal professor Giorgio Calabrese, non scalda nessuno? Chi storce il naso? L'elenco sarebbe lunghissimo, ma intanto Petrini al G7 ha messo il dito sulla piaga: «Stiamo assistendo all'inarrestabile concentrazione di potere nella filiera agroalimentare, appannaggio di pochi soggetti transnazionali capaci di aggirare anche gli interventi dei singoli governi». Che nel frattempo sono affaccendati nelle proprie complicazioni. Detto questo, visto che il G7 è finito con uno sfoggio di cuochi stellati radunati al Monastero di Astino, per mangiare in piedi leccornie inarrivabili ai comuni mortali, vien da chiedersi quale spazio avrà nei programmi elettorali dei vari schieramenti (confusi anche quelli, complicati e quasi forieri di scoraggiamento elettorale), la proposta del ministero dell'Alimentazione. Che è una cosa seria: e nessuno si azzardi a battezzarlo il ministero del «magna magna».
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