mercoledì 12 giugno 2019
Incoraggiato all'Intro-duzione di Stenio Solinas che ritiene «Claudio Scorretti uno dei rari talenti narrativi della mia generazione, che è poi quella degli ani Cinquanta, che è poi l'ultima ad aver avuto coscienza e memoria di cosa potesse essere la modernità in forma di romanzo», mi sono incuriosito di Disincantos, del citato Scorretti (Gog, pagine 414, euro 20). Il primo capitolo, 45 pagine dedicate alle elezioni politiche 2016 della Romania, è la meno interessante delle cose non interessanti che mi è capitato di leggere negli ultimi tempi. Ogni tanto, nel libro, ci sono degli haiku. Il primo è volgare, e non lo nomino neppure. Quanto agli altri, sarebbe ora di smettere di chiamare haiku qualunque poesia breve, o addirittura non breve. L'haiku giapponese ha regole precise: quattordici sillabe (meglio, quattordici "more") con inversione di senso nel verso centrale, eccetera. Chiamare haiku cose diverse, sarebbe come scrivere un sonetto di 17 o di 31 versi, anziché di 14; o una terzina di 4 versi. Certo, si può osare il contrasto della metrica, ma allora occorrerebbe una diversa energia letteraria, altrimenti è solo sciatteria. “I'nillu Tempure. Ovvero Noè l'Arcanuta, il lagosanto e i miei compaesani (che ignorano come si chiamano)” sviluppa l'ipotesi che l'Arca di Noè non sia approdata sull'Ararat (cosa peraltro tuttora da accertare), bensì che misteriosamente abbia fatto un percorso dalla Mesopotamia a Vasche di Castel Sant'Angelo (Rieti) nei pressi di Rignano Flaminio, paese natale dello scrittore, per infilarsi nell'imbuto del piccolo lago di Paterno o di Cotilia. Ipotesi suggestiva in mano a uno scrittore visionario, ma Scorretti, che pure ha vissuto quindici anni a New York, dodici a Ginevra, e poi Londra, Parigi, Tokyo, Istanbul, e adesso ancora New York, Lugano, Pantelleria, La Salle (Valle d'Aosta), sembra uno di quegli autori irresistibili mentre raccontano il libro che stanno scrivendo, ma quando l'hai in mano non è all'altezza delle aspettative. Né molta luce viene dal testo eponimo, Disincantos, che sta nelle ultime quattro pagine. Periodi brevi, con frequenti a capo che forse simulano versi: «Riassumo i termini rimasti inevasi nel confronto con gli anni / Da che ramo discende l'uomo di Neanderthal? / Inferno o Paradiso portano stampato lo stesso anno di fabbricazione? / Nel Paradiso, Adamo era di casa o faceva il palo a Satana? / Il melo l'aveva piantato Eva o Lilith? / Le due incubatrici, quanti figli / produssero nella comune hippies dei cieli?». Futili domande. Claudio Scorretti da quarant'anni sta lavorando «nel tempo libero» al monumentale romanzo, cinquemila pagine, Dazze, Dazz'ol. That's All, «raddoppio della marcatura broccolina [o rignanese] all'inglese "That's All"», questo è tutto. È una minaccia? Ci sapremo difendere.
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