giovedì 9 aprile 2020

Entriamo nel Triduo pasquale, i giorni più intensi dell’anno liturgico. Ci entriamo però in un deserto creato dalla pandemia. Le forze spirituali rischiano di non essere quelle di altri tempi per celebrare questi giorni. Le liturgie laddove saranno celebrate, anche se festose, non avranno la solennità del concorso di popolo. Quindi, non possiamo fare finta: quest'anno il Triduo non può essere vissuto come tutti gli altri anni. Almeno esteriormente. Sì perché credo che questo anno, il Signore chieda a tutti di non sprecare energie in un voler a tutti i costi celebrare al solito modo, ma inviti ad aprire il proprio cuore e il proprio spirito alla vera libertà interiore. Questi tre giorni possono essere intesi per molti, e penso ai confratelli sacerdoti e religiosi, come tempi in cui si “deve” fare qualcosa in Chiesa in una situazione di solitudine. Quest'anno ben più di altri, non si tratta di svolgere le azioni liturgiche, ma di ricevere il soffio di libertà da quelle parole e azioni che saranno compiute, quando potranno essere compiute.
Non ci sono mille vie di soluzione da adottare per coloro che non potranno assistere realmente alle celebrazioni, ma una mi sembra possibile: la via mistica. Premetto subito che per “mistica” non si intende che ognuno faccia quel che vuole e quel che crede, ma che ognuno possa accedere liberamente al Mistero del Signore che si offre a noi, spesso, in modo altrettanto misterioso. In altre parole, va recuperata la dimensione mistica del Mistero. È in una grande libertà interiore che il Signore ci farà celebrare la sua passione, morte e risurrezione. Il Giovedì Santo la grande maggioranza dei fedeli laici non potrà accedere alla comunione reale, ma dovrà, se lo riterrà opportuno, raccogliersi nella comunione spirituale.
Tra le mie conoscenze c'è chi mi ha chiesto se non potessi trovargli un prete compiacente per ricevere la comunione. No,è troppo rischioso. Ma il vero pericolo qui sta nel dimenticare l’essenziale: la Chiesa non ha sempre insegnato che il battesimo di desiderio equivale alla celebrazione del battesimo, qualora questo non fosse possibile realizzarlo? Ecco l'analogia teologica deve essere il faro per tutti in questi giorni: il Mistero di Cristo è reale perché è celebrato in Cielo. In Terra, si celebra come fosse una grande prova corale e soprattutto nel desiderio di creare un ponte tra la celebrazione celeste e terrestre. Nella misura in cui sappiamo sintonizzarci con il Mistero celebrato in Cielo, sapremo anche accordarci sulla Terra nelle forme che saranno date a ciascuno di intuire e di comprendere. Il Signore ci offre quindi una via di grande libertà in questi giorni, libertà nella quale ognuno potrà ritrovarsi ad attingere al Mistero come alla Sorgente di Vita.

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