mercoledì 11 aprile 2018
Quando due anni fa intervistai il direttore generale di Fieraverona per i 50 anni di Vinitaly, gli chiesi come mai negli ultimi tempi erano venuti a far visita due presidenti della Repubblica, presidenti del Consiglio e ministri non solo dell'Agricoltura. E la risposta di Giovanni Mantovani fu rivelatrice: «Le massime autorità venivano già nel dopoguerra alla Fiera Agricola, perché il mondo agricolo era terreno di consensi. Oggi credo apprezzino Vinitaly perché associarsi al vino riguarda un'economia positiva che fa tendenza».
Ora, i rumors alla vigilia della 52ª edizione che si apre domenica dicono che stanno per arrivare Di Maio e Salvini. E c'è fermento (nomen omen) anche se avranno dato la loro adesione pure altri leader politici. Ma che faranno a Verona, dopo l'ovvio bagno di selfie con la ragazza che beve un bicchiere, giusto per associarsi a quell'idea giovane che dovrebbe dare un'immagine di discontinuità? L'attesa, in realtà, è che possano dire qualcosa sulla spada di Damocle dei dazi, ma anche sulla minaccia del trasloco dei vigneti ad altezze alpine, dopo l'emergenza clima su cui si discute da anni.
E che diranno dei 434 milioni di fondi Ue che 11 regioni rischiano di perdere per i forti ritardi sui programmi di sviluppo rurale 2018? L'appello è dunque quello di prepararsi e di cambiare marcia, perché i 4.000 produttori di vino dietro ai banchi di Vinitaly sono in molti casi giovani, proprio della stessa generazione che sta tra Di Maio e Salvini; giovani che hanno investito tutto nell'impresa del vino. E non gli basta un'«operazione simpatia»: hanno bisogno di programmi, progetti, rassicurazioni.
Vinitaly avrà poi una preview venerdì 13, con l'inaugurazione dei 4 giorni di «Vinitaly and the city», ovvero una passeggiata (di 10.000 passi) fra le piazze di Verona per incontrare le regioni d'Italia con assaggi, ma anche riflessioni e spettacoli. Un'iniziativa voluta dalla stessa Fiera insieme al Comune e a vari partner, istituzionali e privati, per rispondere alle esigenze dei wine lovers, che da tre anni apprezzano il fatto di conoscere il vino nel perimetro di una città d'arte anziché nei padiglioni dove si esercita invece il business con buyer di tutto il mondo.
Ora, scoprire che il vino è anche una chiave per incentivare il turismo – tant'è che in contemporanea la stessa iniziativa vive a Soave, Bardolino e Valeggio sul Mincio – apre un altro scenario sul tema gusto, arte e paesaggio. Che è il medesimo lanciato dal governo uscente: il 2018 Anno nazionale del cibo italiano. Ma a Roma se ne saranno accorti di ciò che si sta realizzando a Verona? Dopo i proclami e persino la costituzione di un comitato scientifico che sembrano aver avuto, per ora, solo una strumentale eco elettorale.
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