Un Atlante che è un «monstrum» delle lettere: ma che fanno gli studiosi?
sabato 29 settembre 2012
Da molti sintomi si evince che sempre più spesso i giovani studiosi non sanno che cosa fare con la cosa chiamata letteratura. Non sanno che fare, ma si danno da fare. Inventano marchingegni per non parlarne, per evitare di leggerla. Nello studioso tende a sparire il lettore, questo si sapeva. Ora il fenomeno sta diventando spettacolare.Spettacolare è l'Atlante della letteratura italiana Einaudi a cura di Sergio Luzzatto e Gabriele Pedullà, di cui è appena uscito l'ultimo volume, «Dal Romanticismo a oggi», per le cure speciali di Domenico Scarpa. Un oggetto imponente, più di mille pagine, formato abnorme (è un atlante!), stampato su due colonne. Per diverse ragioni e per la sua strutturaè un'opera monstrum e comincio a sfogliarla chiedendomi a chi serve, come usarla, chi la leggerà. Gli studenti? Mah, non glielo auguro. I dottorandi? Questo è sicuro, poveretti. Gli studiosi maturi? Ne dubito. I critici e i lettori comuni (se esistono)? Lo escluderei.Come ogni opera di questo tipo, l'Atlante conterrà dei capitoli ottimi (alcuni) e altri mediocri o pessimi. Ma quello che conta è la struttura, il metodo con cui si rappresenta e si definisce l'oggetto-letteratura. Che cos'è la letteratura in questo atlante? È una fitta rete di rapporti in cui gli autori vengono polverizzati in quanto produttori di opere. Sono molti, troppi gli scrittori, anche ripetutamente nominati, dei quali non si dice nulla. Dato che abbondano le cartine, i grafici, gli elenchi, le bibliografie, si ha l'impressione che l'oggetto-letteratura esista. Manca però il discorso. La poesia degli ultimi decenni è stata cancellata (ma c'è chi lo riterrà trascurabile). Il fatto è che in questo efficientissimo tritacarne gli autori e le opere spariscono, ridotti come sono a una poltiglia di informazioni spesso irrilevanti e ben note. Per esempio (ma di esempi se ne possono fare decine): di Giacomo Debenedetti, uno dei massimi critici del Novecento, viene citato il nome quaranta volte, eppure non si viene mai a sapere che cosa ha scritto, che critico è. Sì, nominalmente era presente qua e là. Ma alla fine, per il lettore, il suo nome resta solo un nome.
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