sabato 23 novembre 2013
Il panorama della vita del nostro pianeta viene quasi sempre descritto nei quotidiani con una nota negativa, quasi si andasse alla ricerca del male. Dare rilievo a ciò che avviene ogni giorno mettendo nelle prima pagine il fatto peggiore che l'uomo costruisce per se stesso pare una gara della quale non si può fare a meno. Quando al mattino si apre il giornale si viene esposti non solo agli eventi dannosi che l'atmosfera in cui viviamo ci propone in modo ancora imprevedibile, ma anche a una raccolta di notizie negative che nulla hanno a che vedere con la furia degli elementi. Da una parte si potrebbe dire: ma cosa pretendiamo da questo pugno di terra rotonda che ci porta a girare su se stessa nell'universo, al quale strappiamo con difficoltà qualche notizia? E dall'altra: visto che siamo qui, perché non migliorare il nostro stato invece di lavorare per la distruzione, per il nostro male? L'insistere sul negativo della nostra vita, descriverlo, arrivare ai particolari è quasi farne propaganda, insegnare alle menti più deboli una strada facile per delinquere. Non si può nascondere il male, né quella «faticosa quotidianità» così dolorosamente descritta dal nostro presidente della Repubblica davanti a papa Francesco. Ma allora perché non dedicare anche qualche riga a tutto ciò che di buono anche questa umanità che appare solo corrotta, sa invece offrire? Non solo ricorrendo alle notizie di vita offerta dai missionari, dai conventi, dalle associazioni cristiane, ma dal bene sconosciuto dei quartieri delle nostre città e nelle vie dei nostri paesi dove la povertà sta camminando a passi veloci, per adesso ancora in silenzio. Perché non aiutare chi soffre con esempi di umanità, di amore dell'uomo per l'uomo quando non cerca ricompensa; e perché lasciare tutto questo solo alla stampa cattolica, che può contare su un suo pubblico ma che arriva con difficoltà al mondo laico che è la maggioranza ormai nella nostra Europa. Dobbiamo aspettare il tempo di Natale, quando i quotidiani si ricordano che è ora di far conoscere anche notizia di atti di altruismo, di bontà, per rendere quei giorni una festa per tutti? Quando ero giovane volevo cercare un gruppo di giornalisti per pubblicare un giornale dal titolo: «Buono». Lo scopo era quello di portare serenità e gioia a chi ne ha poca, a chi è solo o anziano e non sopporta conoscere ogni mattina la parte peggiore del nostro vivere. Prova, mi avevano detto, a cercare un editore di tale giornale. Era certo una illusione e un sogno, ma mi insegnò a capire che il bene non fa propaganda di sé, che non grida, non ha bisogno di rumore, che si fa vivo con un sorriso semplice, che parla sottovoce, che lo si trova quando non lo si cerca, che si fa vivo in luoghi impensati, di sorpresa. E ha un posto in ogni animo umano, basta saperlo cercare.
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