martedì 29 maggio 2018
Real Madrid-Liverpool non è stata solo una finale di Champions ma una partita-romanzo. Il drammatico incidente provocato dallo smargiasso Ramos ai danni del mite Salah; il successivo scambio di pesantezze che ha spinto a uscire dal campo anche Carvajal; il progressivo crollo dell'ardente Liverpool ridotto a lumicino per la caduta di “Momo”; la spettacolare rovesciata-gol del panchinaro Bale poi doppiettista; le dolorose papere di Karius che hanno facilitato la già ipotecata conquista della Coppa; l'annuncio del vittorioso Ronaldo di voler chiudere col trionfante Real; le parole velenose di Bale contro il fenomenale Zidane: per chi si è scandalizzato, ha imprecato, ha pianto o sghignazzato (come un noto promotore di scommesse) si è rivisto in realtà il calcio favoloso che suggeriva agli antichi cronisti parole bellicose, piene di fascino per gli italiani appena usciti dalla guerra, e ai loro eredi toni più lievi ma poco attraenti; il progresso, non formale ma sostanziale, c'è stato e s'è risolto nelle immagini finali del match, pian piano svanite dal video, cancellate da uno spot pubblicitario, tenute in poco conto - vista l'ora - quando in realtà meritavano particolare attenzione. Perché gli applausi e abbracci reciproci fra vincitori e vinti, il saluto insistito alle tifoserie con le intense e ripetute scuse di Karius ai liverpooliani che non l'hanno lasciato solo - secondo inno - hanno infine nobilitato l'atteso, emozionante e seguitissimo evento. La morale della favola? Primo: il business non ha ancora ucciso il calcio. Secondo: il fattore tecnico, così caro a un opinionismo imperante, è finito in secondo piano, quasi ignorato. Non s'è sentito parlare di moduli, di 4-3-3, 4-2-3-1 e altre fole: c'era una squadra, il Liverpool, forte di sogni, di Salah e Manè, e l'altra, il Real, che sparava disinvolta e senza affanno
Ronaldo, Benzema, Bale, Asensio, Marcelo, Modric, Casemiro, permettendosi di esibire un Isco smorto e lo stesso CR7 in scarsa vena, grande e indimenticabile solo nella carezza a Salah piangente. Tutto questo deve valere da lezione per gli stornellatori del bel calcio che manda in estasi i populisti (già qualunquisti) e rafforza i cinici sempre vincitori. Qui finisce Napoli-Juventus, una sfida ch'è stata in verità una commedia degli equivoci. Tant'è vero che mentre la Signora ha confermato stima, fiducia e stipendio al suo Allegri, De Laurentiis ha praticamente esonerato il maestro Sarri e l'ha sostituito con il Carlo Ancelotti che non vuole insegnare niente a nessuno ma solo vincere, convinto dal fantasioso produttore del “Napoli Film” di poter lottare con mezzi idonei. Riguardando Kiev, con questa particolare mentalità autenticamente calcistica e non “calcisticamente corretta” come vorrebbero tanti narratori snob, penso che nella prossima stagione Juve, Napoli, Roma e Inter potranno tentare non solo la conquista dello scudetto ma quella della Coppa dalle Grandi Orecchie l'altra notte levata al cielo come un totem.
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