sabato 10 dicembre 2016
«Mi sono reso conto dell'unicità della nostra storia quando nel 2011 l'allora presidente Napolitano ci consegnò il premio dedicato alle 150 aziende italiane più longeve. Solo in quel momento ho compreso fino in fondo quanto cammino la mia famiglia aveva fatto». Chi parla è Roberto Arimondo, amministratore della Arimondo Spa, una società nata a San Bartolomeo, in Liguria, nel 1791 e oggi presente nel mercato della Gdo con una struttura che conta, oltre a laboratori di produzione, 25 supermercati, a marchio Simply ed Eurospin, e che dà lavoro a circa 400 collaboratori. Roberto, 37 anni, ha raccolto dal padre Luciano la sfida di proseguire nel solco tracciato dalla famiglia, con l'energia di un giovane imprenditore che sa di avere i piedi ben piantati in una tradizione importante, ma anche il desiderio di continuare a costruire il futuro, innovando.
«A volte sorrido quando mi chiedono cosa abbiamo fatto per creare un'impresa così longeva – mi dice Roberto – perché il passaggio generazionale tra me e mio padre è avvenuto con grande naturalezza, per gradi, grazie soprattutto ad una relazione d'affetto e di grande rispetto reciproco. Mi vengono in mente le nostre giornate allo stadio, che per me erano un momento bellissimo del nostro stare assieme, ma che di fatto erano anche incontri di formazione inusuali durante i quali cessavamo di parlare di lavoro soltanto in quei 90 minuti della partita. Il nostro, prima ancora di essere un rapporto professionale, è stato ed è una relazione alla pari, ricca di confronto, gusto di lavorare assieme, arricchimento reciproco».
E perché, chiedo, questo passaggio diventa così difficile in tante aziende familiari? «Forse quello che ha permesso in assoluto questa longevità è stata la capacità della nostra famiglia di mantenere vivi i valori che hanno dato vita all'impresa fin dagli inizi: l'attenzione al territorio, la vicinanza reale alle persone, la passione per il nostro lavoro, il credere l'impresa non solo un centro di profitto ma una realtà al servizio dei collaboratori e dei clienti. La storia della mia famiglia e di questa azienda è intrisa di questi principi che io sto provando a mia volta a trasmettere ogni giorno, perché questo è ciò che riteniamo sia giusto fare per il bene di tutti».
Quale consiglio, chiedo ancora, ti senti di dare a tanti imprenditori alle prese con il ricambio generazionale? «Sono un imprenditore in cammino e fatico a dare consigli, mi sembrano sempre troppo scontati e troppo miei. Però, grazie a mio padre, ho vissuto sulla mia pelle l'opportunità di lavorare su un progetto potendo mettere a frutto autonomamente competenze e passione e cogliendo la gratificazione che deriva dal risultato raggiunto, ma anche la frustrazione di sbagliare quando ti rendi conto di aver peccato d'orgoglio e di aver sottostimato una situazione. Un errore però se vissuto come parte di un processo può diventare l'inizio di un miglioramento continuo, per questo quando alcuni colleghi iniziano a pensare alla loro successione troppo tardi, a volte proprio per evitare che altri in famiglia sbaglino, non si rendono conto che forse stanno facendo l'errore più grande».
I greci sostenevano che dovrebbero esistere solo parole vere e che alcune di queste diventano vive perché producono vita. In questi anni abbiamo lavorato molto con Roberto e la sua azienda e so quanto queste parole, tradotte in fatti coerenti, stiano producendo vita e risultati.
È un peccato, a volte, dover vedere altre aziende, in un momento di così grande vitalità come il ricambio generazionale, andare verso altre "parole" che ne accompagnano il declino.
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