mercoledì 24 maggio 2017
«I confini della ristorazione». Il titolo dell'incontro che si terrà a Padova Fiere sabato pomeriggio, nell'ambito di Golosaria, mira a definire cosa sia una trattoria e cosa un ristorante. Già, nessuno se lo è mai chiesto e neppure c'è una legge che ha codificato questi generi di offerta.
Eppure l'enogastronomia è un settore che tira la volata al turismo, benché il problema rimanga quello di un Paese che esce da un retaggio subculturale per cui tutto ciò che è cibo è Carosello, macchietta: mica una cosa seria. Quindi va bene essere gli eterni pasticcioni, dove in trattoria paghi cifre esorbitanti e non sai perché o al ristorante prendi atto che l'unica differenza non è il menu ma l'ambiente. E siccome siamo un popolo che semplifica seguendo l'istinto delle mode, ora i cuochi si dividono in "stellati" e no. E gli ex stellati in che categoria andranno? (Sperando che non li colga la depressione dopo i tanti osanna).
Paradossalmente si è cercato di codificare le aziende agrituristiche, che sono un fenomeno degli ultimi 30 anni, meglio dei locali tradizionali della nostra cucina. Provo dunque ad azzardare una risposta: è trattoria-osteria quella che ha un menu legato ai prodotti e alla tradizione del territorio in cui opera. Ma lo è soprattutto perché non c'è un maître bensì l'oste, colui che ha concepito e fa vivere quel luogo, che dà consigli, dialoga e fa i racconti di una terra che ha scelto di rappresentare in cucina.
Dal punto di vista turistico, per gli stranieri, sarebbe graditissimo avere la certezza di tutto ciò. Ma non c'è. Il ristorante ha meno informalità nella concezione del locale, offre più servizi nell'accoglienza e il menu spazia verso una cucina più ampia, dove talvolta il pesce fa la differenza. Pure i prezzi sono diversi, come le materie prime che ci si aspetta.
Poi ci sono locali di moderna concezione, che stanno andando forte. Francesco Donadini li ha battezzati "Ciberie", e sono dei negozi che estendono la vendita alla preparazione di qualche piatto. All'estero sono nati come sviluppo delle panetterie, poi delle macellerie; qui da noi certamente le rosticcerie e perfino le «boutique del gusto».
Comun denominatore di tutte le categorie individuate (sono tre) dovrebbe essere il servizio del vino a bicchiere, perché siamo nel Paese del vino più importante al mondo. E poi – aggiungo, anche in omaggio a Comieco e al Conai, che compie 20 anni – tutti dovrebbero offrire la possibilità al cliente di portarsi a casa ciò che non consuma o vorrebbe mangiare il giorno dopo. Su questi mattoni – chiarezza dell'offerta e territorio – si può costruire la ristorazione di domani? Che ne dice la politica (a patto che non consideri il cibo solo un "magna magna")?
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