giovedì 12 aprile 2018
Siamo profondamente convinti che nella società contemporanea l'humanitas e il culto delle lettere, che ovunque o giace trasandato o subisce un abuso perverso, non possano essere veramente restituiti se prima non si reintegrino i metodi d'insegnamento, che per secoli gli umanisti e restitutori delle buone lettere hanno utilizzato non senza abbondantissimo frutto: che questa sia l'unica via, per la quale i giovani e gli adolescenti possano riuscire a leggere, indagare, scrutare e capire appieno le opere degli autori; che sia un ingannevole errore, invece, credere che chiunque, nelle nostre regioni occidentali, possa coltivare con una certa serietà ed eleganza le humane litterae, senza conoscere a fondo almeno la lingua latina, per non parlare della greca. Tutto ciò, dunque, che da più parti si dice di un nuovo e prestigioso “umanesimo”, sembra mancare di ogni solido fondamento e si riduce a una vuota ampolla di parole, se non si allaccia a quel dialogo con i nostri antenati continuato per mezzo delle lettere e mai interrotto, che in latino si è da noi tenuto per tante epoche storiche in questa repubblica letteraria. La lingua latina è infatti per noi l'unica chiave, grazie alla quale ci è concesso accedere agli immensi tesori letterari ed entrare nei forzieri della dottrina già sepolti da un assai turpe oblio.
Entrando invece nelle «coorti degli antichi», per usare le parole del Machiavelli, non vogliamo scivolare nuovamente in una sterile e sciocca venerazione degli autori cosiddetti classici, e così in un superstizioso fanatismo, come, per disgrazia, è accaduto nelle epoche precedenti, né abbiamo intenzione di trattare le lettere come già a partire dall'età di quella peste che oggi chiamiamo “positivismo” gli uomini dotti sono soliti fare, dimenticandosi che nelle discipline umanistiche si parla dell'uomo, non di mute e fredde pietre, e imitando in modo maldestro, a mo' di scimmie, gli scienziati; ma ignorando le sciocche derisioni di coloro che si prendono ironicamente gioco di noi, non intendiamo penetrare fino alla mera lettera, che, come dice san Paolo, uccide, ma fino allo spirito, che vivifica, attraverso la vera e feconda conversazione, che, con le nostre forze, possiamo avere con i nostri antenati sulle più importanti questioni riguardanti l'humanitas.
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