martedì 29 aprile 2014
I Romani debellato un popolo prima ignoto trasferivano a Roma ciò che nelle sue città fosse di pregio: oggetti e suppellettili d'oro ed argento statue di marmo e uomini di cultura per educare i figli delle famiglie nobili e non esitavano a trasferire a Roma anche gli dèi della città sconfitta. Questi dèi o li assimilavano ai propri servendosi di qualche somiglianza come fecero degli dèi greci oppure li veneravano in persona servandone il nome. In certe età gli antichi erano presi da timori perché nulla di certo sul futuro dopo la morte la loro religione predicava ed abbracciavano tremanti i riti di Isideper riconfortare gli animi stanchi di paure e timori. Ci fu presso i Romani tolleranza in campo religioso. Solo due culti perseguitarono: i Baccanali e il Cristianesimo. Molti secoli prima certi re tentarono di mettere in catene gli adepti al culto bacchico perché rifiutavano le città, si nutrivano di animali vivi e trascuravano del tutto le leggi dei re. Ma i riti di Bacco e la fede Cristiana sono tanto differenti che rettamente dobbiamo chiederci che pericolo i Romani sospettassero in essi. Per prima cosa si deve ricordare che le religioni presso i Romani erano in potere dei pontefici che erano magistrati dello stato: il pontificato si inseriva nella carriera politica: come gli edili avevano la cura annua delle vie e del restauro degli edifici o degli spettacoli del circo, così i pontefici detenevano la disciplina dei riti affinché i fedeli fossero buoni cittadini ed obbedienti alle leggi dello stato. Né gli adepti ai culti bacchici né i Cristiani potevano tollerare che un funzionario statale sovraintendesse ai loro culti e li obbligasse alla guerra o a venerare l'imperatore, che pur ottimo era pur sempre un uomo. Le religioni i cui fedeli sentano di avere Dio nel profondo dell'animo rendono i fedeli liberi. I Baccanti sentivano ciò quando tramite vino e danze erano indotti quasi in trance. I Cristiani ottenevano lo stesso con le preghiere le lodi dio e il ricordo del vangelo.
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