martedì 23 maggio 2017
“Come nella vita, così nell'orazione non c'è nulla di più difficile che vedere cosa sia opportuno”.
Cic. Or., 21

Non molto tempo fa abbiamo appreso da numerosi canali d'informazione che un uomo, il quale occupava il suo posto in aereo a pagamento ormai avvenuto, è stato strattonato con forza dal personale di sicurezza perché il numero dei passeggeri superava quello delle poltrone disponibili. Molti allora, in ogni parte del mondo, sono inorriditi dopo aver visto come questo sventurato, colpito e ferito a sangue, sia stato respinto, anzi trascinato via. Tutti ben comprendono il motivo di questa indegna faccenda: i proprietari delle compagnie, precisamente, temendo di non incassare abbastanza, son soliti vendere un numero maggiore di biglietti rispetto alla capienza effettiva dei passeggeri nell'aereo, sapendo già che alcuni non si presenteranno. In caso contrario, dei passeggeri, volenti o nolenti, son costretti a rinunciare al viaggio. Dinanzi a tale situazione, la gente s'è lamentata, non senza motivo, rimproverando l'eccessiva violenza con cui quell'inerme passeggero è stato maltrattato; non a torto molti han biasimato lo smodato desiderio di guadagno, ch'è giunto fino al punto che i venditori non sono ormai più trattenuti dal rispetto nei confronti degli acquirenti. Senz'ombra di dubbio tali riflessioni sono importanti, ma, a mio avviso, ciò ch'è ancor più significativo è che, in quest'evento, gli agenti di sicurezza non han fatto niente contro le norme. Come? È infatti loro consentito reprimere con la forza chiunque, affinché rispetti la legge. E qual è mai, si potrebbe interrogare, questa legge? Se i passeggeri nell'aereo son troppi, bisogna che si chieda a qualcuno che scenda; e se nessuno lo fa spontaneamente, la decisione spetta agli stessi venditori. Per volontà di chi avviene la scelta? Non d'un essere umano, ma d'una macchina: è infatti l'elaboratore che decide. Ma che succede se non soltanto non ti fa piacere andar via, ma non puoi neanche farlo a causa di impegni? Cosa accade se, com'è avvenuto, tu sei un medico che, l'indomani, deve curare molti malati? Questo non ha nessuna importanza: è stata la macchina che ha deciso, qualunque cosa detta da questa è ritenuta sacra per legge. Ma come si potrebbe affrontare la questione a parole? Quella non è capace d'interagire; non è concesso spazio alla ragione e al discorso: ogni cosa vien fatta attraverso numeri e calcoli, dai quali non dobbiamo allontanarci nemmeno d'un dito. In questa vicenda è stato gravissimo questo aspetto, che non m'è parso essere stato rimproverato da nessuno, ed è un lapalissiano esempio di questa malattia che ci tormenta sempre di più: affidiamo infatti le cose più delicate, che necessitano al massimo dell'ingegno umano, alla volontà delle macchine, come se tutte le parti della nostra vita possano essere contenute nel numero e nella misurazione. Non c'è poi da stupirsi se da ciò deriva che la nostra dignità umana è indebolita e soffocata.
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