mercoledì 16 giugno 2004
Lunedì (Unità", p. 28) Beppe Sebaste racconta Erri De Luca, "scrittore e traduttore della Bibbia". Piccolo possibile malinteso innocente: De Luca ha "tradotto" la Bibbia, e le sue traduzioni hanno anche pretese di fedeltà con qualche testarda acrobazia, ma ovviamente non l'ha "scritta". Il vero malinteso di Sebaste arriva dopo, quando scrive che De Luca "è tra i più religiosi degli scrittori europei, ma dichiara di non essere credente perché, dice, non saprebbe dare del tu a Dio". E continua obiettando che "forse si potrebbe dare del Dio a Tu, fare del Tutt'altro semplicemente l'altro, il prossimo"" Leggi: "dare del Tu a Dio, dare del Dio al prossimo"". Rileggi, ci pensi su, e ti chiedi se per caso proprio qui, nel "dare del Dio al prossimo e del Tu a Dio" non sia l'essenza profonda e unica della rivelazione ebraico cristiana: chi non vede Dio nel prossimo, e non vede il prossimo in Dio non è cristiano vero. La "divinizzazione", per grazia, dell'uomo, di ogni uomo, di ogni "prossimo, è il dato portante di tutta la Bibbia: dall'"uomo immagine somigliantissima" di Dio nel Genesi, a "tutto quello che avete fatto ad uno di questi ultimi lo avete fatto a me" del Giudizio finale in Matteo 25. L'unico modo di "conoscere" veramente Dio, nel cristianesimo, è "riconoscerlo" nell'uomo vivo. Di qui la folgorante definizione di "religione pura e senza macchia" della "Lettera di Giacomo": "soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro tribolazioni e mantenersi puliti dal mondo". Ci pensi bene, e ti accorgi che per la fede cristiana ogni opposizione tra l'uomo e Dio è un malinteso: tradisce Dio e l'uomo insieme.
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