sabato 4 agosto 2012
“Ebrei e cristiani, il muro assurdo": ("Corsera", 2/8, p. 33), pagina e firma illustri, titolo buono per articolo cattivo. Pietro Citati recensisce o crede di recensire un libro sui «rapporti tra le due fedi fra XVI e XIX secolo». Forse già il libro va oltre questi limiti cronologici, se leggi di «legami pericolosi: ebrei e cristiani tra eresia, libri proibiti e stregoneria», ma certo va oltre Citati: «Per diciannove e più secoli gli ebrei sono stati per la maggioranza dei cristiani un popolo perverso, perfido». «Diciannove e più», cioè sempre, ma «soprattutto in alcuni secoli la Chiesa cattolica voleva abolire ogni contatto tra mondo ebraico e mondo cristiano» ricorrendo a tutti i mezzi, ma non ci è mai riuscita. All'ingrosso: «la Chiesa», senza distinzioni. Citati cita solo un «un teologo famoso, Prospero Farinacci», promotore di idee atroci. Farinacci? Cognome noto per altro soggetto più recente, ma il «famoso teologo» di cui egli parla (1554-1618) in realtà fu «giurista, procuratore fiscale, personalità laica dell'Italia cinquecentesca» e persino difensore in giudizio dell'ebrea Beatrice Cenci. Si occupò di criminalità, severissimo con tutti, ma non lo fu con se stesso e lo salvò dalla forca solo la clemenza di Clemente VIII che disse di lui: «La farina è buona, è il sacco che è cattivo». Dunque il «teologo famoso» fu ben altro, come fu anche ben altra la storia dei «19 secoli e più». Non era il caso, in un articolo del "Corsera", ricordando quel "perfidi" accennare anche a Papa Giovanni, al Concilio, a Giovanni Paolo II e Toaff, e Benedetto e Di Segni in Sinagoga? Così, per dire anche che per merito di ebrei e cristiani il «muro assurdo» non deve più esserci, e in sostanza non c'è più. Ecco: il titolo è buono, il sacco no. Siamo sempre a Talleyrand: «Surtout pas trop de zèle!».
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