mercoledì 2 novembre 2016
Da dove viene il biscione visconteo, antico emblema milanese, che troviamo nello stemma dell'Inter e anche nel logo della Fininvest e dell'Alfa Romeo? E perché tiene in bocca un bambino? La tradizione gli ha dato un'identità precisa: si tratta del serpente o drago Tarantasio che infestava il basso fondale del lago Gerundo e inghiottiva i bambini che si avventuravano sulle rive. E fu proprio il capostipite dei Visconti, Uberto, a uccidere il serpente-drago, effigiandolo poi nel proprio stemma. Dante, nel Purgatorio (VIII, 80), fa rievocare dal pisano Nino Visconti «la vipera che Melanesi accampa».
Lago Gerundo? Per sapere (quasi) tutto sul mitico lago da secoli prosciugato, c'è il nuovo libro di Fabio Conti, Lago Gerundo tra storia e leggenda (Meravigli edizioni, pp. 160, euro 17). Il giornalista e scrittore bergamasco ha condensato, in stile gradevole e documentato, tutte le notizie che la tradizione orale ha trasmesso, con i riscontri archivistici (non moltissimi) disponibili. Il Lago Gerundo, a cui alludono Plinio il Vecchio, Strabone e Paolo Diacono, era alimentato dall'Adda, dal Brembo, dal Serio e dal Molgora, e si estendeva nella Geradadda, da Brembate, Boltiere, Pontirolo Nuovo, giù giù fino alla provincia di Cremona, avendo come emissario l'Adda, pochi chilometri prima di sfociare nel Po. In mezzo affiorava l'isola Fulcheria, sulla quale venne costruita la città di Crema, mentre la città di Lodi si affacciava dal colle Eghezzone, sulla riva occidentale.
La memoria del Gerundo è affidata soprattutto alla toponomastica: in moltissimi paesi della zona ci sono vie intestate al Lago Gerundo, piazze Fulcheria, e una località presso Cassano d'Adda si chiama Taranta, con diretta allusione al serpente Tarantasio. La zona è ricordata negli annali per la battaglia di Agnadello, dove i francesi guidati da Luigi XII, il 14 maggio 1509, posero fine alle velleità espansionistiche di Venezia. Tuttora nel territorio della carneficina (migliaia di soldati rimasero insepolti), si respira un'aria magica, inquietante, nonostante la cappellina che vi è stata eretta.
Ma che lago era, il Gerundo? Più che un vero e proprio lago doveva essere un acquitrino paludoso, abbastanza poco profondo, solcato da piroghe a fondo piatto come quella ritrovata e conservata ad Abbadia Cerreto. Nei cascinali sulle presunte rive del Gerundo si rinvengono tracce degli anelli di ferro ai quali si sarebbero ancorate le barche. Era un territorio insalubre, la cui bonifica venne iniziata già in epoca romana, e portata avanti dai monaci del Medioevo.
Quanto al Tarantasio, al cui fiato pestilenziale erano attribuiti i miasmi provenienti dai gas delle paludi che provocavano la febbre gialla, in parecchi luoghi sono conservate costole o vertebre attribuite al serpente-drago, che plausibilmente appartengono invece a cetacei marini preistorici, di quando tutta la Padania era un golfo dell'Adriatico. Per aggiungere mistero al mistero, evochiamo lo scomparso paese di Blancanuca, citato in un atto di compravendita del 1269, conservato nell'Archivio comunale di Treviglio; proprio a Blancanuca nel 1509 le truppe francesi sostarono alla vigilia della battaglia di Agnadello. Di Blancanuca resta soltanto il bellissimo nome, come ben poco si sa della storia di Palazzo Pignano, con i resti di una villa romana tardo antica, e la stupenda Pieve romanica del V secolo, che alberga l'impressionante Compianto sul Cristo morto, riconducibile al grande De Fondutis.
Brandelli di storia, personaggi e reperti archeologici affidati soprattutto a un'oralità generazionale che inevitabilmente va estinguendosi. Ma lavori accurati come quello di Fabio Conti, e di altri storici locali intelligenti e appassionati, sottraggono all'oblio pagine di storia ed eventi culturali che conservano intatto il fascino di un passato di cui, almeno noi lombardi, siamo intrisi.
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