giovedì 12 giugno 2008
«La pretesa di tener fuori della politica " della biopolitica che decide sulle forme della vita " il magistero morale della Chiesa, proprio nel momento in cui più acuta se ne fa la domanda a causa dell'incertezza che stiamo attraversando, diventa una pretesa assurda". Caspita! È "L'Osservatore Romano", o "Avvenire", o "Famiglia Cristiana", o "Il Regno"? No! È su "Repubblica" (10/6, p. 26 : "I nuovi rapporti tra Stato e Chiesa") Aldo Schiavone, apprezzato studioso della società e della politica, laico e democratico. Parentesi: lì accanto però la rubrica di Augias suona come sempre la musica opposta, cioè "assurda". Ecco un testo che può essere un bel punto di partenza per cominciare a ragionare con costrutto, tra cosiddetti "laici" e cosiddetti "cattolici". Purché per "laici", però, si intendano quelli " non credenti o credenti che siano " che hanno chiara la "distinzione" tra Cesare e Dio, che non è necessariamente "opposizione" " alla Augias " e per "cattolici" si intendano i credenti che non si sentono "adulti" solo perché si fanno promotori in prima persona " come ministri o come governo in quanto tale " di proposte che fanno seccamente a pugni con la loro stessa proclamata fede cattolica. Perciò ieri ne ha scritto bene qui Francesco D'Agostino: «Laici e cattolici insieme "in terre incognite"». Un passo avanti. E segnale inatteso " pare a Malpelo " anche da Gustavo Zagrebelsky che ("Il Secolo XIX", 10/6, p. 15) propone di puntare alla "giustizia" cui collaborare e non alla "verità assoluta", che non ammetterebbe mediazioni. Rimossa l'"assurdità", si può respirare, e ragionare.
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