sabato 6 giugno 2020
Ieri per strada una voce: «Hanno tolto la museruola ai cani, e l’hanno messa a noi!». Sorridi, ma non troppo perché in pagina (“L’Espresso”, 31/8, p. 45) leggi Massimo Cacciari: «Nella paura di contagiarsi la fine della comunità». Vale per la comunità civile, frammentata per legge e situazioni diverse, ma viene da pensare anche alla Comunità intesa come Chiesa Popolo di Dio, rivelato e donato in Gesù Cristo. Il prossimo a distanza. E dietro una maschera. Tempi difficili questi, ma anche per qualche assenza di lucidità ove davvero non dovrebbe mancare. Infatti (“Foglio”, 25/5, p.2) hai letto con sorpresa un interrogativo attribuito al cardinale Sarah: «La Chiesa è forse diventata inutile per la società?». Infatti, tutto dipende da cosa sia “utilità”. Se è sinonimo di strumentalità per altri allora la Chiesa e anche la Fede non sono mai strumenti. Fede e Chiesa non “servono” a niente, ma danno “senso ultimo” a tutto. In questo contesto, nella logica insita della Parola di Dio sorprende anche qualche malinteso in pagina. Titolo (“La Verità”, 1/6, p.12) di un’intervista al professor Franco Garelli, sempre stimato: «La grande popolarità del Papa non avvicina la gente alla fede». È proprio così? No! Si tratta di distinguere tra la realtà profonda della fede e la realtà tradizionale e di antica memoria di ciò che è piuttosto pratica religiosa. È un tema importante, mai abbastanza indagato. Per questo di recente mi è parsa esemplare qui su “Avvenire” (24/5, p. 3) la riflessione del professor Luigino Bruni: «L’altro nome della fede». Centro della rivelazione neotestamentaria: la Fede salvifica non è nella sola “conoscenza” esplicita di Dio, ma “riconoscimento” di Lui nell’accoglienza e nel servizio – questo sì! – all’ultimo da amare: Matteo 25! Proprio quel «nucleo» – come suole ripetere papa Francesco – «cui tutto si riduce». Qui è Luce salvifica unica!
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