giovedì 7 ottobre 2021
Dolore e sofferenza non sono sinonimi, anche se spesso sono profondamente intrecciati. Il dolore è esperienza legata alla nostra corporeità, con meccanismi fisici e neurologici ben conosciuti, scale collaudate per misurarne l'intensità, trattamenti farmacologici sempre più efficaci. Ci avverte che qualcosa di biologicamente dannoso ci sta accadendo, è un utile segnale d'allarme ma può essere lacerante, protratto, "totale", in quanto coinvolge tutte le dimensioni dell'esistenza: stiamo male. La sofferenza è esperienza più complessa, che riguarda la risposta emotivo-affettiva negativa generata da stimoli dolorosi, ma può essere determinata da complessi processi psichici e spirituali (depressione, sconforto...). È più "misteriosa" nelle sue cause e manifestazioni. Dolore e sofferenza risentono molto delle caratteristiche della persona, di fattori socio-culturali, dello stato d'animo del momento, del contesto esistenziale e religioso.
Nel dolore e nella sofferenza emerge sempre la questione del "perché", di cosa sia risolvibile e di ciò che va sopportato perché non eliminabile. E chi può aiutarci? Giovanni Paolo II ricorda nella Salvifici doloris che «solo l'uomo, soffrendo, sa di soffrire e se ne chiede il perché; e soffre in modo umanamente ancor più profondo se non trova soddisfacente risposta». Sono domande difficili, che chiedono rispetto, ascolto, vicinanza, talvolta solo presenza silenziosa. Il dolore, causato da vari tipi di malattia, va "preso sul serio", va accolto e compreso il lamento del paziente, va instaurata una relazione tra curante e malato che aiuti a definire il trattamento antalgico più appropriato per alleviare o eliminare tale dolore. Occorre un approccio integrato – farmacologico e psicologico – che può prevedere l'uso di oppioidi o altri farmaci efficaci, fino alla sedazione profonda nel caso di resistenza a tali trattamenti. Già Pio XII aveva affermato che è lecito sopprimere il dolore per mezzo di narcotici, pur con la conseguenza di limitare la coscienza e di abbreviare la vita, se non esistono altri mezzi e se, nelle circostanze date, ciò non impedisce l'adempimento di altri doveri religiosi e morali (cfr. anche Evangelium vitae n. 65). È nel dialogo col paziente e i suoi familiari che si deve concordare quanto spingersi nel controllo del dolore, fino alla sedazione profonda.
La nostra condizione umana è segnata dal dolore e dalla sofferenza, espressioni del nostro limite, della esperienza del male fisico e morale, della nostra mortalità. La ricerca di sollievo, cura, conforto richiama al bisogno di salvezza, di liberazione, per non essere "schiacciati" dal dolore e dalla sofferenza, ma essere aiutati a vivere "attraverso" di essi, a "risorgere", perché amati e capaci di amare e sperare, anche nel dolore. Per il credente e il non credente il bisogno di sollievo e cura si affida a ogni "buon samaritano" che si fa prossimo, si piega, dà sollievo e lenisce la nostra sofferenza.
Cancelliere
Pontificia Accademia per la Vita
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