venerdì 29 gennaio 2021
Lessi per caso, molti anni fa, un romanzo che mi colpì moltissimo e vidi più tardi il film che ne aveva tratto un grande regista, Jean-Pierre Melville, pur se specializzato in polizieschi di forte riflessione morale. Se qualcuno si occupa ancora del Melville, in Italia nessuno, mi pare, si è mai interessato seriamente del romanzo, anche se vinse il Goncourt nel '53, edito da Gallimard, e fu prontamente tradotto l'anno dopo per Einaudi da una scrittrice di talento come Lalla Romano, conquistata dalla scrittura dell'autrice e dalla insolito confronto che metteva in campo. Si trattava di Léon Morin, prete, e anche il titolo era poco attraente per il lettore del tempo, tanto più che il romanzo e il film (interpretato questo da Emmanuelle Riva e da un insolito Belmondo in tonaca), non raccontavano una storia d'amore ma un confronto di idee, di convinzioni morali e religiose. L'ambiente era una provincia del Sud, la cittadina di Besançon, e il tempo l'occupazione della città nel 1940, prima italiana (un motivo di interesse non secondario) e poi tedesca. La protagonista vi è una giovane vedova di guerra, dattilografa e già operaia, con una bimba che ha fatto battezzare perché il padre era ebreo, e che stabilisce un rapporto prima casuale e poi di intenso confronto con un prete, un giovane coetaneo, che poteva far pensare a certi personaggi di Bernanos ma in una chiave più semplice e più quotidiana. Il tema vi è infine credere o non credere, di questo i due parlano, su questo si confrontano nel mentre intorno la storia va avanti con tutte le sue tragedie e difficoltà. Fu proprio l'assenza della storia d'amore ad attirare, a sorprendermi, e certamente a sorprendere più gli italiani che i francesi. Béatrix Beck aveva avuto a che fare con Gide, e la sua eroina è un po' nella linea dei tormentati personaggi femminili di Mauriac (Thérèse Desqueyroux) e di Julien Green (Adrienne Mésurat). E non è strano che la protagonista del film fosse anche quella di Hiroshima, mon amour di Resnais. Il confronto tra la donna, che si dice marxista, e il giovane prete è un confronto di idee, anche se nel personaggio femminile è presente una qualche attrazione fisica, subito lasciata a favore di quella intellettuale, morale. I due parlano di filosofia e di religione e di società, e se cercano di portare l'altro dalla propria parte lo fanno con un pudore e un rispetto estremi. Mentre fuori infuria la tempesta della storia, e il male vi ha il sopravvento. Cosa colpiva di più il lettore italiano del tempo di questo romanzo, davvero bello e da riscoprire? Questo confronto di convinzioni, rispettoso e accanito; così lontano e diverso da quello ridanciano del pur grande Guareschi.
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