sabato 5 settembre 2015
Pretese. Giovanni Sartori, politologo famoso, dice la sua (“Messaggero”, 2/9, p. 9) a proposito delle parole del Papa sui carcerati: «Penso che il Papa debba occuparsi di ciò che gli compete, cioè di salvare i cristiani nel mondo dalle stragi… Il capo della Cristianità dovrebbe anzitutto pensare a difendere i fedeli del suo stesso credo ovunque siano minacciati, torturati, trucidati (…) Invece non lo fa per niente». Meschinità eccellente, figlia naturale di altra scritta da mano che si pretende “cattolica” a 18 carati e (“Libero”, 3/9 p. 1) annuncia che la vera misericordia non è «cosa di Bergoglio», mentre fu cosa di Pio IX nel 1875. Ma torniamo a Sartori, che accusa Francesco: su quei temi «è sempre generico». Appena detto che non dovrebbe occuparsene, e ora lo vuole meno generico, cioè specifico: al posto del Parlamento e del ministro Alfano alle leggi sulle carceri dovrebbe pensarci il Papa! Bellissimo, vero? In tema, poi, qualcosa del genere in sicumera arriva anche altrove. Sul “Tempo” (2/9, p. 3) ecco Matteo Salvini: «Papa chiede amnistia… In tutta umiltà non sono d'accordo…». Tutta umiltà? Lo vedi di continuo in tv e pensi cosa direbbe se non fosse «tutto umile»! C'è anche, stesso “Tempo” (p. 4) «La cattolica» che legge la bolla papale e, sentenzia: «Non cambia nulla… Nessuna apertura. È solo misericordia»! Ma la misericordia è proprio l'apertura infinita di un Dio che «non si stanca mai di perdonare» e «apre» le sue porte ai peccatori, cioè a tutti. Lo ha detto: «Non sono venuto a chiamare giusti, ma peccatori!». Perciò qui, l'altro ieri (p. 1 e 4) il grande titolo suonava così: «Tutte aperte le porte della misericordia». Da dove viene mai questa pluriforme e pertinace pretesa di non riconoscere Colui che batte ad ogni porta di vita e non esclude mai chi acconsente a farsi visitare?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI