venerdì 18 luglio 2008
Lupus in volo su ali altrui. Ieri Aldo Schiavone ("Repubblica", p. 29: "Dio la Chiesa e la storia"), rispondendo con profondità al cardinale Ruini che su "Avvenire" (13/7) dialogava con un suo pensoso articolo sul rapporto tra il Dio del Vangelo e la storia, ribadisce il suo rispetto per la posizione di fede in cui l'uomo è «immagine di Dio», mai «riducibile alla natura come alla storia» perché in essa avrebbe " anzi sarebbe " vera «scintilla di Dio» e sempre "oltre" ogni misura finita, ma poi afferma chiaro che non riesce a convincersene. Con un argomento forte: «mi chiedo quale sia il significato della rassomiglianza tra uomo e Dio che incontriamo in un testo della Genesi (1,26-27) che non smette mai di inquietare». Per lui " afferma " è scontato che il senso di questa formula «riconduce alla storia, e solo alla storia», lasciando aperta la domanda: «Quale uomo, infatti, riflette l'immagine di Dio?» Non si ferma qui, Schiavone, subito dopo sfiora per un attimo «la presenza salvatrice di Cristo nel tempo» e poi torna al rapporto tra Chiesa e storia ribadendo rispetto e dialogo, ma sempre in cerca di "quella" risposta. Che dire? Qui due cose. La prima è Vangelo: «Dio non l'ha visto mai nessuno, il Figlio unigenito che è nel seno del Padre ce lo ha rivelato» (Gv. 1,18). Offerta alla libertà ragionevole qui, netta, sarebbe la risposta alla domanda centrale su «quale uomo riflette l'immagine di Dio». La seconda è che per un caso che viene perfetto ieri ("Il Foglio", pp. 3-4) ancora Ruini si spiega molto più ampiamente con Marco Burini. C'è da leggere e pensarci su, credenti o no che si sia.
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