giovedì 14 febbraio 2019
Di recente gran rilievo in pagina al ricordo di Eluana Englaro, morta sola per disidratazione e denutrizione sul lettino della clinica scelta per questo. Sia detto senza giudicare nessuno, ma la cosa mi tocca in modo personale. Tra 16 e 17 anni, in coma profondo per meningite detta fulminante, il primario del reparto Marchiafava, al San Camillo di Roma, disse che ormai ero "morto", e non volle curarmi, e allora i miei mi portarono al Forlanini di Roma: 240 iniezioni lombari con streptomicina e cortisone, alimentazione e idratazione artificiale... Sono ancora qui. Non giudico nessuno, tanto meno per chi, familiari e amici, è stato per 17 anni accanto ad Eluana, credo sia possibile pensarci su… Ri-pensare il passato per vivere il presente e preparare un possibile futuro migliore. Vale sempre. Di recente in pagina anche il centenario del proclama ai "Liberi e forti" di don Luigi Sturzo, in anticipo per uomini di Chiesa di quel tempo, e su "L'Espresso" (3/2, p. 42-43: "Oltre il buio, l'umanesimo") leggo Giuseppe Genna, che spesso su quelle pagine mi trova in disaccordo totale: «La questione in Italia non è se serve o no un partito dei cattolici (ma) se per uscire dall'odio servono o no i valori cristiani», per lui «opposti a quelli branditi oggi dalla destra». Condivido in pieno, e da sempre su questo ho cara la distinzione tra l'appartenere ad un partito e appartenere alla Chiesa. In un partito che sia tale non è richiesta una sola visione ideale della vita e dei suoi fini, ma unità concreta nelle decisioni di ogni giorno, mentre nella Chiesa, almeno come pare a me, va tenuto un unico riferimento ideale di vita e di dottrina, in sostanza la fede operosa nella carità, ma i modi di applicarlo con realismo alle scelte di ogni giorno possono essere anche diversi... Se - per esempio 1974 e 1981 - ciò fosse stato tenuto presente molte cose sarebbero forse cambiate. È la mia opinione.
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