martedì 3 giugno 2008
A Modena ("Corsera" 30/5, p. 23) un giudice grazie a una legge del 2004 pone fine all'accanimento terapeutico su una signora di 70 anni "affetta da sclerosi multipla" e per Cinzia Caporale, "laicissima" bioeticista, è "una svolta per i malati" che "ridurrebbe la necessità di una legge sul testamento biologico". Conferma lì accanto il prof. Umberto Veronesi, "laico" anche lui, invocando persino il parere conforme della "Conferenza Episcopale spagnola""Ed ecco che ("La Stampa", 30/5, p. 8) arriva la domanda secca: "Ma allora perché, se c'era già la legge, il Senato ne ha discusso due anni?" Bella confusione diffusa e subito confermata lì sotto, forse con malizia, nelle interviste a due uomini di Chiesa ambedue autorevoli, un vicario episcopale ed un cardinale, che danno due pareri opposti. Il primo si dice d'accordo, cita Pio XII e ricorda che in un caso come questo "non si vuole procurare la morte, ma si accetta di non poterla impedire". Il secondo invece oppone un no secco. Per lui "è il primo caso di morte a comando", e perciò ribadisce che "nessuno ha il diritto di sopprimere una vita". Evidentemente ai due lo stesso caso è stato riferito in modo diverso. È sport frequente in pagina: far litigare i cattolici, meglio ancora i preti, meglio ancora i vescovi, meglio ancora i Papi diversi, per dar l'idea che siamo tutti confusi. No, grazie! Se infatti sei minimamente informato capisci che tante discussioni sul tema, in Senato e in pagina, non pensano alla fine dell'accanimento terapeutico, ma col paravento del "testamento biologico" vogliono una sola cosa, l'eutanasia vera e propria. No, grazie!
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