mercoledì 5 luglio 2017
Mohamed è tornato a Sant'Andrea dello Jonio sei anni dopo, riabbracciando le stesse persone che nel 2011 lo accolsero, curarono e ospitarono non facendolo mai sentire straniero. A lui come agli altri cinquantasei migranti che il giorno di Pasquetta giunsero sul litorale catanzarese non su una nave della Marina ma con un barcone di fortuna, dopo giorni e notti di navigazione in mare aperto senza alcuna certezza e l'acqua razionata. Mohamed era uno dei quattordici minorenni che sognavano l'Italia e l'Europa. Adesso ha 21 anni, una moglie, un bimbo di 14 mesi e un altro in arrivo. Vive e lavora nel Lazio, ma un pezzo del suo cuore non s'è mai mosso da Sant'Andrea dello Jonio, legato a volti amici che lo hanno trattato come un figlio. Il 21enne egiziano è particolarmente legato al sindaco dell'epoca, Gerardo Frustaci, che assieme ad altri volontari sei anni fa gli spalancò le braccia del paese. Lo considera il suo padre putativo.
I migranti adulti furono rimpatriati poco dopo lo sbarco mentre i minori vennero inseriti nel programma speciale previsto per loro. «Alla maggiore età ho avviato l'iter per il permesso di soggiorno, trovando lavoro nell'ortofrutta», racconta il giovane che nei giorni scorsi ne ha rivisti tanti dei volontari i quali «stavano con noi giorno e notte». Hanno cenato, scherzato e ricordato quella primavera calabrese dopo la fuga dall'Egitto nel caos in seguito destituzione del presidente Mubarak. «C'era il terrore, una specie di guerra civile che rendeva del tutto incerto il futuro», narra Mohamed adesso felice, al fianco degli amici.
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