mercoledì 24 aprile 2013
Su invito del vescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi, Susanna Tamaro ha preparato il testo di una Via Crucis che è stata percorsa dai giovani triestini lo scorso Venerdì Santo. Ne è venuto un piccolo libro diffuso localmente per l'occasione, e che Bompiani distribuirà nelle librerie l'anno prossimo. L'impianto è classico, con parole della Scrittura per ciascuna delle quattordici Stazioni, commentate da una meditazione e da una preghiera, seguite dal Pater noster in latino e dalle strofe dello Stabat Mater.È una Via Crucis per l'uomo di oggi, disilluso ma che non rinuncia alla speranza, almeno a quel bagliore che si intravede dalla fessura di una porta che si esita a spalancare. Abbiamo sete, ma non osiamo attingere al «ruscello di acqua pura che scorre attraverso i secoli» che, in definizione di santa Teresa Benedetta della Croce, è la Chiesa, divenuta peraltro «un ruscello carsico, la sua dimensione di salvezza scorre invisibile ai più». Nella prima Stazione, Tamaro non indugia sulle responsabilità di Pilato, né sulle colpe di chi gli ha consegnato Gesù: è impressionata dalla folla che si lascia galvanizzare dal Crucifige!, una folla che ci somiglia, perché «il diffondersi della comunicazione telematica tende a trasformarci tutti in folla». La rapidità dei messaggi spesso travolge la nostra coscienza, e «basta una parola distorta, un fatto manipolatore, per far divampare le fiamme da un lato all'altro della Terra». E l'unica cosa che le viscere della folla sanno chiedere è: sangue.Gesù irriso nel pretorio suggerisce a Tamaro un'osservazione importante: «Davanti a ciò che non conosciamo, davanti a ciò che non capiamo è facile essere presi dalla tentazione di essere beffardi», ma «la beatitudine appartiene a chi non siede nel consesso dei beffardi».Le tre cadute di Gesù sotto il peso della croce fanno pensare al mondo che «è scivolato in un'arrendevole banalità», alla perdita del senso del peccato, al nostro prostrarci agli idoli del denaro, del potere, del sesso, della tecnica, illudendoci di essere liberi.L'incontro con la Madre, il gesto della Veronica, fanno risplendere il femminile nella dimensione di maternità, che oggi il mondo teme, e nell'immediatezza amorosa che sa accogliere, sempre e comunque. Ma il monito del Signore alle donne di Gerusalemme è rivolto alle «lacrime della convenzione che parlano di un dolore esterno, puramente scenografico. Si sfoga l'emotività, ci si sente meglio e poi tutto torna come prima».Ah, se come il Cireneo sapessimo sempre dire "sì" a tutto ciò che scompiglia i nostri minuscoli piani, se sapessimo riconoscere il volto di morte celato dalla routine!.La scena culminante del Golgota ci convince che la via dell'innocenza è la via del distacco e della nudità, che la logica della redenzione è totalmente estranea alla logica del potere, e la morte sacrificale dell'Agnello ci riporta alla nostra assoluta fragilità. E sempre sotto lo sguardo e tra le braccia della Madre, con la disponibilità delle donne che «sono rimaste ad aspettare, umilmente e in silenzio, di poterLo servire per l'ultima volta». La sepoltura di Gesù ispira a Tamaro una splendida intuizione eucaristica: «Signore Gesù, tutto si è compiuto e tra le nostre mani è rimasto il pane. Nel pane e nel vino riverbera, a ogni istante, la Tua sconfitta della morte». La passione di Cristo è la com-passione di Dio. Monsignor Crepaldi, pertanto, può concludere la sua breve prefazione dicendo che «Susanna Tamaro ci fa scoprire che la Via crucis è in definitiva, la Via consolationis, è la Via amoris, è la Via vitae: la strada della consolazione e dell'amore, la strada della vita».
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