martedì 4 settembre 2018
Quando i nostri occhi si volgono al cielo ricevono da esso un'indicazione sostanziale riguardo al futuro. Certo non facciamo come gli antichi aruspici che alzavano lo sguardo verso la volta celeste per osservare i voli degli uccelli e trarne presagi. Il cielo è per noi promessa di futuro perché ci rimanda alle parole di Gesù: «Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria» (Mt 24,30). Una lettura superficiale di questa predizione del Signore potrebbe indurre ad aspettarci di vedere in cielo due cose distinte: un segno e poi il Figlio dell'uomo. In realtà la visione sarà unica. Il Figlio dell'uomo stesso sarà il segno che appare nel cielo. Egli si manifesterà come salvezza realizzata per i fedeli. La potenza rimanda infatti alla risurrezione di Gesù e la gloria al suo definitivo impatto sulle sorti dei credenti. Purtroppo oggi il cielo si è fatto nuvoloso; non riusciamo più a vedere il sereno che c'è nella prospettiva escatologica. Così la nostra vita rischia di passare senza attendere nessuno o di limitarsi ad aspettative effimere. Al contrario il cielo ci ricorda che c'è qualcuno in arrivo, il Signore, Il Risorto che viene a salvarci.
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