sabato 6 settembre 2014
Questo anno, dedicato al ricordo della Prima guerra mondiale, ci ha proposto, attraverso scritti e memorie di gente passata, molti episodi spesso dimenticati o sconosciuti. Per la gente di confine sulla nostra catena delle Alpi vivo è rimasto ancora il quadro di quel lungo conflitto che ha coinvolto così profondamente tanti popoli.Alcide De Gasperi, direttore de Il Nuovo Trentino, visitando i luoghi della guerra nell'aprile 1919 così scriveva. «Usciti dal tunnel della trincea sulla cresta della montagna, eccovi su di una piaggia maligna, seminata di pietre ferrigne e di migliaia di schegge di granate. Ferro e porfido, piombo e ghiaia nerastra ovunque. Nessuna vegetazione nel regno della morte eccetto delle chiazze di margheritine bianche di alta montagna, sbocciate in qualche cratere dove fino a pochi giorni fa s'era adagiata la neve. E si sale ancora verso la cima più alta ove si mantennero sempre germanici e austriaci».«Ad un tratto la scena diventa macabra: siamo agli avamposti italiani, nell'ultima trincea giacciono ancora a brandelli alcuni cadaveri. Uno scheletro a pochi passi sembra un alpino disteso bocconi con il fucile in atto di sparare. Ma avvicinandovi vi accorgerete che nell'elmetto non c'è che un teschio bianco con la mascella fracassata. Un avambraccio stringe ancora il fucile violentemente contorto. D'intorno le schegge di una granata e un mucchio di cartucce vuote...».«Arriviamo finalmente sulla cima donde l'occhio domina tutta la fronte della Marmolada e del monte Cauriol. Non è il momento di fissare sulla carta le impressioni che salgono da tutte queste montagne che mostrano ancora i solchi profondi che la guerra ha scavato fin dentro la loro ossatura, le lacerazioni e gli schianti delle loro foreste. L'alpinista, a cui tutti questi gran massi di dolomia e di porfido divenuti familiari, quasi amici, cui ogni estate veniva a rendere visita per parlare con loro il puro linguaggio della natura e riposare nel silenzio la mente stanca dei battiti umani, sente ora con amarezza che l'incanto è rotto: l'occhio e il pensiero non riposano più e da tutte le trincee insanguinate pare s'addensino attorno a lui delle nebbie che oscurano e pesano e nelle quali di tratto in tratto pare baleni una luce vermiglia. Ove termini tu, inEuropa, o solco che ti divincoli come un serpe sotto i miei sguardi e tagli le Alpi e attraversi le Argonne?». Questo è il ricordo di de Gasperi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: