giovedì 3 maggio 2018
Siamo tutti Amleto! L'esistenza è una bilancia tra essere e non essere, e in concreto tra la vita e la morte: nel copione della "commedia" umana l'alternativa è sempre presente... Ai nostri giorni – cronaca attualissima e ripetuta – capita però che troppo spesso l'ago di questa bilancia non appare in equilibrio, ma con evidente ingiustizia, e pare prevalere sempre il piatto della morte, mascherata nel caso con la definizione "bella": un sinonimo artificioso. Ma sempre morte è, e non pare se ne siano accorti in tanti anche in questi giorni nei quali le prime pagine si sono riempite della vicenda del piccolo Alfie Evans. E così nei fatti, quando si tratta di scegliere tra "curare" la vita ancora possibile e "procurare" la morte ancora non immediata risulta che la bilancia cominci a pendere troppo spesso dalla seconda parte. Basterà ricordare la dolorosissima vicenda della povera Eluana Englaro – ove l'argomento decisivo apparve la richiesta dei genitori e lei fu lasciata morire in solitudine, in pratica di fame e di sete – e metterla in parallelo con quella del povero Alfie, ove non solo la richiesta dei genitori, ma anche la disponibilità molteplice di "cura" e assistenza specializzata da parte di un altro ospedale è stata negata senza remissione invocando la legge britannica e la decisione dello staff medico dell'ospedale dichiaratosi del tutto inospitale che ha costretto il bimbo, che pure ha lottato ancora per conto suo e i genitori ad assistere impotenti alla esecuzione della sentenza di morte anticipata. Dunque nel primo caso ha prevalso la scelta dei genitori, nei fatti scelta di... "eu/morte", mentre nel secondo la scelta opposta, sempre dei genitori e appoggiata su offerte concrete e professionali, non ha avuto alcun peso sulla bilancia decisiva. È logica, questa? Bella domanda! A ciascuno la sua risposta. Per chi scrive, e forse per tanti altri, tristezza grande...
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