giovedì 30 settembre 2010
Il Papa in Gran Bretagna: viaggio previsto come «il più difficile» e sommerso da proteste, in corso su tante pagine - "Repubblica", "Manifesto", "Il Fatto" ecc. - quasi oscurato dalle voci false dell'attentato e invece risolto - parola del "New York Times" («Hanno voluto ascoltarlo tutti i cattolici, e insieme molti altri inglesi, con grande rispetto») e del "Times" («Un personaggio completamente diverso da quello atteso, ha ribaltato gli stereotipi e fatto cambiare idea all'opinione pubblica, un uomo mite che parla in modo gentile"») - in vero successo di immagine e di messaggio. Da noi i giornali, prima catastrofici, hanno puntato quasi tutto sul falso attentato e sulle proteste che il "NYT" ha impietosamente definito «marginali», poi in fuga hanno subito cambiato discorso. Insomma, informazione - trattandosi di Chiesa e religione non certo insolita - falsata e in fondo autopunitiva. Ma nel panorama già penoso va segnalato il peggio del peggio. Sul "Manifesto" (21/9) - un tempo giornale degno di attenzione anche nel totale dissenso politico e soprattutto culturale - titolo quasi frivolo, «La chiesetta in Canadà», Matteo Cinque riempie l'intera p.16 con un rimprovero-insulto: «Dalla Gran Bretagna il papa ha condannato i crimini dei preti pedofili. Non una parola sul "genocidio canadese": sterilizzazioni, omicidi e violenze commesse dal 1922 al 1984 nelle scuole residenziali cattoliche». A parte i dubbi sulla veridicità dei racconti, una domanda è d'obbligo: perché nel 2010, e in Gran Bretagna, il Papa «doveva» parlare del «Canadà dal 1922 al 1984»? Miserie! Più zero che cinque!
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