mercoledì 7 novembre 2012
«Semel» (una volta) in quasi 17 anni: un "lupus" su "Avvenire", a complemento... Memoria dei defunti (2/11) qui (pp. 2 e 22) Michele Giulio Masciarelli, Paolo Garuti e Renzo Lavatori – tutti e tre stimatissimi, e i due ultimi anche amici – con riflessioni opportune che ricordano il senso del mistero morte-risurrezione che «unisce Cielo e Terra», e il fatto che «l'attesa delle realtà ultime deve spingerci a vivere meglio qui». Stessi temi, diverso registro, anche su "Corsera" (p. 23) e "Stampa" (pp. 28-29). Qui come un'appendice, essenza di questo "lupus". Fatalmente trattando questi temi si presentano concetti che inseriscono nella mente del lettore tempo e anche spazio. Sono del resto due categorie essenziali, per noi, come ha ben capito la filosofia – penso per esempio a Tommaso d'Aquino, Spinoza e Kant – ma la fede cristiana nella risurrezione non dice tempo e spazio: Dio è eterno, e la vita eterna in Lui non è "dopo", né "altrove". Con la morte finiscono per noi tempo e spazio, ed è l'eternità. La risurrezione non è un "dopo" in senso stretto, quantificabile con anni, mesi, giorni, né un "altrove", misurabile in distanza spaziale. Cristo muore (e) risorge – i "tre giorni" sono misura nostra, nel "di qua" – e anche l'uomo, anche noi moriamo e risorgiamo, in una eternità donata dalla grazia, diversa se accolta o rifiutata per decisione della nostra libertà. Tutto è creato e vive in Cristo, dall'inizio dei tempi fino all'eternità. Il tempo passa nell'aldiqua. I nostri defunti ci mancano nell'aldiqua, ma l'aldilà è presenza eterna che per noi si realizza nel morire che è anche risorgere con Cristo. Egli, con Maria assunta in Cielo: (già) caparra della nostra eternità. Appunto: è «il mistero che unisce Cielo e Terra»… Che grande dono!
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