martedì 13 giugno 2017
Domenica “Corsera” in prima vignetta di Giannelli: Papa, zucchetto bianco su vestito civile e Presidente in abito papale. Sorriso che dice la volontà di capirsi per bene: una laicità dialogante, cordiale, rispettosa vicendevolmente dei limiti propri. Bello e originale! Non frequente: talora su cose religiose trovi pressappochismo brutale e persino raffinata incomprensione. Ieri per esempio (“La Nazione”, p. 20) «Vaticano. Ultimatum del Papa ai preti nigeriani. “O accettate il nuovo vescovo o vi sospendo”»! Notizia reale, ma che «la punizione» abbia «una forza che sembra non trovi precedenti nella storia della Chiesa» (sic!) è superficialità da antologia. C'è stato ben altro, e ben più grave e pesante: duemila anni di storia incartati e buttati via in 20 righe! Vale come pressappochismo brutale, ma c'è anche raffinata incomprensione. E così (8/6, “La Stampa”, p. 24: «Bergoglio, quel che resta della dottrina») trovi Cesare Martinetti in colloquio con il prof. Gian Enrico Rusconi, nome illustre e fama meritata, ma per lui – lo ha scritto in un libro – resta difficilmente comprensibile quella che chiama «la teologia narrativa» di papa Francesco. Leggi e capisci che con il termine «teologia narrativa» Rusconi dice che il Papa applica alla «dottrina» generici aggiustamenti, la «teologia è diventata conversazione, reinvenzione semantica, espressività emotiva, flessibilità concettuale» in cui per esempio sparisce il peccato originale, Dio non è mai in «collera» e la sua «misericordia vince un peccato di cui non si parla». Certo, concede Rusconi, «il Papa non lo vorrebbe», ma così realizza «l'abbandono» del «sistema dogmatico» su cui è costruita nei secoli la fede cattolica. Che dire? Che per dialogare varrebbe la pena di capire cosa è «dottrina», e «dogma» e storia: in fin dei conti cosa è Chiesa. I 20 secoli ci sono per tutti.
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