lunedì 23 febbraio 2004
Nell"inconscio di comunisti e post comunisti c"è un rifiuto diffuso di ogni riferimento all"idea  di «strage degli innocenti». Si tratta, forse, di un senso di colpa collettivo, che provoca inutili tentativi di rimozione e crea, invece, un collegamento, anche solo psicologico, tra gli embrioni nel grembo materno o in provetta e le vittime delle foibe. L"Unità lo rivela inconsciamente quando (giovedì 18), sotto un grosso titolo che dice appunto: «Il mito della strage degli innocenti», attribuisce l"accusa di non tener conto delle vite sprecate nella fecondazione artificiale (270 su trecento embrioni realizzati in provetta, scriveva su Avvenire  del 31 dicembre, il famoso genetista Angelo Serra) «non già a maturate convinzioni, bensì a manipolazioni della stampa "comunista"» (le virgolette sono un riferimento berlusconiano), bensì a un «ritorno di immagini cruente del tipo: "i comunisti mangiano i bambini"». Non  voglio fare polemiche né difese d"ufficio, ma soltanto chiedere come si fa a giustificare lo spreco di embrioni provocato dalle procedure della riproduzione artificiale con un linguaggio come questo: «Giova riportare il discorso nei suoi termini corretti: non "strage degli innocenti" bensì altissima perdita di prodotti della fecondazione quale un fenomeno naturale intrinseco alla biologia della riproduzione umana». Che più Antilingua non si può. La seconda tentata rimozione di strage degli innocenti è quella delle foibe, per la quale l"estrema sinistra non ha mandato giù «il mea culpa di Piero Fassino», definito «ennesimo attacco strumentale» alla minoranza ds. Il Manifesto (domenica 15, ripreso da Liberazione giovedì 19) ne tenta più che una spiegazione, una giustificazione storica. In  un"intervista, Claudio Tonel, allora  segretario del Pci di Trieste, «federazione autonoma da quella italiana» (era filo-titina), le colloca, come peraltro qualche giorno prima aveva già fatto l"Unità, «tra nuovi e antichi rancori». Pur essendo lecito ricercarne i moventi politici ed etnici, nulla può giustificare quella strage di innocenti e i suoi modi. Tanto meno la macabra ironia con cui Fulvio Abbate (Unità, mercoledì 18) la butta in uno scaramantico teatrino di battute. Scrive, infatti, «un dialogo» destinato a diventare «commedia o forse dramma o, pensandoci bene, musical», dove «c"è un personaggio che cerca di parlare di una cosa, metti il pavimento del bagno da risciacquare, cui si affianca un altro che replica sempre e comunque con la seguente battuta: "E le foibe?"». Battuta che «deve piombare al momento più opportuno sia pure mostrando un tratto di inopportunità, di incubo, di ossessione, di tortura inarrestabile».
LA GATTA LAICASu Sette (Corriere della sera, giovedì 19), alla notizia che «nel 2003 per la prima volta le unioni civili hanno superato quelle religiose» (2151 contro 2081), Lina Sotis innalza un laicissimo peana nazionale. La poverina non si è accorta che quelli erano solo i dati di Milano mentre «in Italia, con un 20 per cento di praticanti, circa il 70 per cento delle coppie sceglie le nozze religiose» (Panorama, in edicola sabato 14). La gatta presciolosa fece i figli ciechi.
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