sabato 23 maggio 2020

Grazie, prego, scusi, tornerò. Sono stati i primi a fermarsi, saranno gli ultimi a ripartire: per loro c’è sempre un velo di malinconia, figuriamoci adesso. Perché il tango è un pensiero triste che si balla. E adesso non si balla più: grazie, preferisco di no, non ballo con il casquè. Ci sono drammi più gravi nella vita, ma ognuno ha il suo e lo pesa come lo prova: anche e soprattutto in Argentina, che in mezzo al Covid-19 ha trovato un’altra crisi finanziaria devastante. Ma sui giornali di Buenos Aires nei giorni scorsi il default economico del Paese si accompagnava quasi con la stessa gravità al passo negato, lo struggente tramonto della milonga. Piangono migliaia di ballerini, compositori, orchestre, scuole di danza, vecchi e giovani praticanti colpiti dalle rigide regole del distanziamento fisico imposte dalla pandemia. Perché non esiste surrogato: se è a distanza, non è tango.

Un professore di questa disciplina antica, Adrián Luna, ha spiegato che si tratta di "una sindrome di astinenza dall'abbraccio", a cui ora si cerca di sopperire in modo diverso, prescindendo da quello che si riteneva essenziale: il contatto fisico". Cosciente della necessità di impedire la proliferazione del virus, l'Associazione degli organizzatori delle milongas e dei lavoratori del tango ha sospeso gli eventi pubblici già dall'11 marzo, prima delle misure restrittive decise dal governo. Con il passare dei giorni però è cresciuto l'allarme economico. "La maggior parte degli artisti sono lavoratori autonomi o informali - ha chiarito Lucila Díaz Colodrero, dell'associazione Lavoratori del Tango Danza - che vivono di esibizioni pubbliche, in gran parte legate ai flussi turistici che però ora si sono azzerati". E allora dieci ballerini di Argentina, Francia, Italia, Grecia e Dubai hanno deciso di organizzare un festival internazionale online, “Unidos Tango Festival”, per raccogliere fondi e poter così aiutare i loro colleghi in difficoltà. Con risultati minimi.

Bisognerebbe saperlo ballare per capire, per decifrare quel movimento naturale dell’anima, istinto e fine. Qualcuno ha scritto che ogni ragazza felice, se la lasci sola abbastanza a lungo, prima o poi canta e balla. Ma il tango è di più, è conoscenza attraverso l’abbraccio, è il Bolero dei sensi, erotismo puro, dolce e violento, ma sempre vestito bene. Bisognerebbe conoscerlo a fondo, combattere con il grande rimpianto di chi come me non ha la testa e il coraggio per affrontare un desiderio represso ma nonostante questo non lo ha mai imparato. Intuendo però che se il ballo in generale è uno stato d’animo e una scorciatoia per la felicità, il tango è disegno d’autore, è riempire un vuoto tra due corpi, è la poesia dei piedi.

Non serve andare fino in Argentina comunque, la malinconia per la danza interrotta si respira più modestamente anche al Pigneto, quartiere di Roma, dove c’è il “Tango Bar”, un vecchio magazzino trasformato in una scuola di danza, fascinoso come sono tutti questi posti nascosti e preziosi. Fino al 3 marzo scorso si è ballato senza pensare se ci fosse un domani, il giorno dopo è cambiato tutto. L’ultimo tango nemmeno se lo sono gustati, proprio perché nessuno forse immaginava che fosse l’ultimo, ha raccontato Laura Amadei, la giovane donna che gestisce il posto. Da allora si è fermato tutto. Nei primi giorni dell'emergenza, prima del lockdown, gli amanti del 2x4 di tutta Italia si sono cimentati in soluzioni creative - puntualmente rilanciate sui social - come danzare in coppia con due bastoni per tenere le distanze. Poi, come per tutte le discipline, sono arrivate le lezioni online e le esibizioni un po’ posticce nel salotto di casa, abbracciati a partner improvvisati o tenendo tristemente una scopa. «Ma il tango non è questo - commenta Laura - è connessione, è fisicità. È nato in un contesto di difficoltà e immigrazione in cui persone sole in un paese straniero si sono risollevate abbracciandosi e condividendo. Di recente è stato dichiarato patrimonio dell'umanità. Ora sotto i colpi del Covid rischia di perdere tanti dei suoi luoghi di aggregazione».

Alcuni di quelli si sono rivelati pericolosi. Come l’hotel di Ferrara che all’inizio della pandemia, poco dopo la metà di febbraio aveva ospitato una maratona del tango: due giorni di gare e di allegria, sembrava. Alla fine hanno contato dieci positivi al Covid, alcuni gravissimi, infettati per una salida basica e una barrida, cuore su cuore, fiato su fiato, untori inconsapevoli al ritmo di una musica che fa muovere senza schemi l’istinto elegante che tutti vorremmo saper tirar fuori da noi. Il più anziano aveva 82 anni. Anche lui, come gli altri, e come canta Paolo Conte, alle prese con una verde milonga. Era venuto a danzare, e di nascosto ad amare.

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