mercoledì 22 agosto 2012
«Tradire la Chiesa? Una follia». Ieri titolo sul "Fatto" (p. 22): Angelo D'Orsi tra indignato e ironico svela al lettore perché nel caso del «maggiordomo del Papa» si è parlato di perizie psichiatriche. Ovvio: per un paio di ragioni evidenti. La prima – qui lui, noto intellettuale e docente di storia, non la cita, ma chi lo conosce la sa presente sotto ogni sua riga – è che per essere un fedele di questa Chiesa cattolica occorre essere un po' folli perché la fede come tale è contro la ragione. La seconda è più stringente, e subito D'Orsi ricorda che «il rapporto tra Chiesa cattolica e follia è interessantissimo storicamente», e subito continua con «la Santa Inquisizione», processi a eretici e streghe, roghi e condanne a morte cui – ecco il segreto – solo la constatazione della "follia" del reo poteva talora offrire scampo. Segue il «più celebre esempio, quello di Tommaso Campanella che per mesi si finse pazzo» e riuscì così a sfuggire alla morte. Ironizza, D'Orsi: questa Chiesa oggi usa ancora la follia del maggiordomo per i suoi interessa(n)tissimi interessi mondani. Che dire? È libertà, ma fa pensare un po' il fatto che l'Autore è noto come seguace inflessibile dell'ideologia marxleninista che assolve sempre da ogni colpa spiegando tutto con avverse «circostanze storiche». Processi staliniani? Figli di leader comunisti passati per pazzi per tutta la vita? Uomini del partito torturati e impiccati per decenni perché accusati di tradimento? Gramsci – di cui è cultore tra i massimi – tradito dal Partito e consegnato al regime fascista? Niente. Se si parla di follia lui pensa sempre e solo alla Chiesa cattolica. A Malpelo risulta che dirige una cosa chiamata "Storia maestra di vita": come alunno è assente perpetuo.
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