sabato 18 agosto 2018
“Repubblica” (12/8, p. 24): «Cercando Dio nella voce di Leonard Cohen». Franco Marcoaldi su Hervé Clerq (qui il 25 luglio ne ha scritto da par suo Roberto Righetto). Il giornalista e scrittore che cerca una «propria strada per raggiungere quello che gli antichi chiamavano una “buona vita”» sulle tracce della tradizione buddista e del misticismo islamico e induista sempre in caccia di quel Dio «inconoscibile e cercato arrampicandosi lungo la parete nord», non dunque il Dio «antropomorfo delle religioni monoteiste», ma quello «nudo dei mistici, l'inafferrabile che pure è ovunque si volga lo sguardo». Bella prospettiva, ma come contrapposta al messaggio ebraico-cristiano, perché lì, punto chiave, «la parola non nasce dalla testa, dal logos, ma dal ventre... di cui ci si può fidare... ». Alla ratio occidentale ove «il pensiero mistico ed ascensionale è indifferente al corpo, al ventre, alle viscere... si oppone un diverso viaggio... ricerca tutta e solo esistenziale, refrattaria a qualunque dogma, chiesa o accademismo... » Con tutto il rispetto: davvero il «messaggio ebraico cristiano» è così estraneo alla profondità delle “viscere”? O anche nella tradizione biblica c'è una prospettiva esistenziale che parla al cuore e non si riduce ad astrazioni ideali? Viene in mente l'evocazione agostiniana di un Dio «a me più intimo della mia stessa intimità e più alto di ogni mia altezza» ricordata anche da Benedetto XVI (11/12/2011). E ricordi che Gesù stesso chiama i suoi «splanknìa mou»: viscerette mie (Gv. 13, 33). Quanto poi all'intellettualismo astratto, all'“indifferenza al corpo” visto con severo distacco e al duro “arrampicarsi lungo la parete nord” ricordata da Clerq, pensi alla berniniana estasi di Teresa d'Avila, alla fisicità di Pio da Pietrelcina e alla “notte oscura” tante volte vissuta da donne e uomini nei secoli del messaggio ebraico-cristiano. Avanti!
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