mercoledì 28 luglio 2004
Gli uomini devono sapere che in questo teatro che è la vita umana è concesso solo a Dio e agli angeli di fare da spettatori. Dal punto di vista teologico, è criticabile questa frase dell'opera Il progresso del sapere (1605) del filosofo inglese Francesco Bacone. Sappiamo, infatti, che Dio ha deciso di coinvolgersi nella storia dell'umanità, anzi, in Cristo è diventato un uomo che conosce il gioire e il patire, il vivere e il morire. Gli stessi angeli nella Bibbia non solo si muovono silenti e lievi accanto a noi, ma assumono i lineamenti umani di un Azaria, come accade al Raffaele del libro di Tobia. Tuttavia è indubbio che il "teatro del mondo" ha come protagonista l'uomo libero. E' stata questa la scelta stessa del Creatore che, come diceva la tradizione giudaica, creando «si è ritirato» per lasciare spazio alla creatura. La frase di Bacone diventa, allora, un atto d'accusa contro il disimpegno nei confronti della storia. Nella Genesi, quando si descrive la creazione dell'uomo, si afferma che Dio «lo pose nel giardino dell'Eden perché lo coltivasse e lo custodisse» (2, 15). E', dunque, affidato all'umanità un compito da espletare nei confronti della realtà. Non si può essere spettatori inerti e distaccati, ritirandosi dalla società. Purtroppo ci sono alcuni che con la loro prepotenza e arroganza non lasciano spazio vitale agli altri. Oppure li disgustano col loro esempio perverso: pensiamo, ad esempio, a quanti non entrano in politica perché nauseati o espulsi dai soliti gestori della cosa pubblica come se fosse loro proprietà esclusiva. Ma c'è anche l'inerzia colpevole, che può spegnere l'azione e rinchiudere nell'oasi solitaria del proprio egoismo.
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