venerdì 18 maggio 2012
Pare incredibile. "Il Giornale" pare spesso confezionato col machete – botte e fendenti alla cieca – ma certe sorprese sono eccessive. Specie quando tradiscono le buone intenzioni di partenza. Ieri (p. 17: "Ecco la nuova mappa della fede. Dio si è fermato nelle Filippine") su civiltà e religione c'è Luca Doninelli, convinto a quanto pare che modernità e tecnologia sono sempre ostacoli alla fede e che ignoranza e fede vanno a braccetto. Roba di moda neoilluminista quando la secolarizzazione era vista come condizione di progresso, necessariamente esclusione e "morte" di Dio. Di qui nel suo articolo l'identificazione tra Dio e Filippine, il paese più povero del mondo, perciò il più religioso dove Dio "si è fermato": come in area di parcheggio. Che dire? Opinione un po' grossolana, sostanzialmente infondata e facilmente demolibile, ma libera! All'improvviso però – ecco il machete di cui sopra – arriva l'eccesso: «Conosco alti prelati che non si sono mai sognati di credere nell'esistenza di Dio e atei dichiarati che non sanno parlare di altro». Verissima la seconda parte, ma la prima? Oltre la solita musica per cui i "prelati" sono sempre "alti" ha idea, Doninelli, che è buon credente, cosa occorra vivere per diventare preti? Gli alti prelati cominciano tutti da lì: minimo sei o sette anni di seminario, disciplina, levate prima dell'alba, preghiera da lasciare per sempre il segno benedetto sulle ginocchia, studi pesanti di filosofia e teologia, ecc. ecc… Si faccia coraggio, Doninelli! Ce ne dica almeno uno, di questi "alti prelati" che relativamente al loro stato lei vede così in basso…Quanto agli atei dichiarati che non sanno parlare altro che di Dio per fortuna ce ne sono tanti e in genere cercano i preti, alti o bassi, in un dialogo senza machete: con in mezzo Gesù Cristo…
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