giovedì 23 agosto 2018
Dall'anno prossimo tra i premi Oscar ce ne sarà uno riservato al film di maggior successo popolare. La decisione, che risale a pochi giorni fa, nasce dalla volontà di valorizzare una parte della produzione di Hollywood molto amata dal pubblico, ma non abbastanza sofisticata per convincere i giurati dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Un compromesso, insomma, o meglio ancora la presa d'atto di come il botteghino sia sempre più spesso dominato dai tormenti dei supereroi, dalle invenzioni della fantascienza, dalle imprese di forzuti più o meno improbabili. In casi come questi la contraddizione è sempre in agguato. Da un lato, infatti, nulla impedisce che un film d'azione abbia anche qualità artistiche, come dimostra la saga del "Cavaliere Oscuro", ossia Batman, realizzata da Christopher e Jonathan Nolan. D'altro canto, però, il cinema è sempre stato popolare e gli Oscar non si sono mai sottratti al compito di assecondare i gusti del pubblico.
Nel 1940, per esempio, furono ben dieci le statuette assegnate a Via col vento, un film che di sicuro non nascondeva l'ambizione di piacere molto, anzi: di piacere a tutti. Diretto da Victor Fleming (regista di buon mestiere, che nello stesso 1939 firmò anche la versione cinematografica del Mago di Oz), il film fu in realtà voluto e modellato dal produttore David O. Selznick, che mirava a far fruttare i diritti del romanzo pubblicato nel 1936 da Margaret Mitchell. Il libro si era subito imposto come un best seller, nonostante la prospettiva che oggi considereremmo "revisionista", dato che la guerra di secessione americana viene raccontata dal punto di vista degli sconfitti, vale a dire i "confederati" del Sud, per nulla disposti ad accettare la fine dello schiavismo. Anche se l'attenzione dello spettatore si concentra sulle peripezie sentimentali della capricciosa Rossella O'Hara (nel film la impersona Vivien Leigh, premiata con uno dei dieci Oscar), la componente storica e perfino politica è tutt'altro che trascurabile. Non per niente l'abilissimo Selznick volle che la prèmiere si svolgesse nella sudista Atlanta, in Georgia, la stessa città che nel film finisce tra le fiamme del più spettacolare incendio mai visto fino ad allora sullo schermo.
La struttura narrativa di Via col vento è semplicissima. Rossella ama l'onesto e leale Ashley Wilkes (l'attore Leslie Howard), che però sposa la cugina della ragazza, Melania (Olivia de Havilland), sgombrando così il campo all'avventuriero Rhett Butler, che ha i baffi impomatati e il fascino sfrontato di Clark Gable. La trama è segnata dai baci e dai litigi tra i due, che si inseguono e si sfuggono, si sposano e si separano, si consegnano l'una all'altro e un attimo dopo si detestano. Cade il mondo, nel frattempo, la guerra dilaga, la disfatta incombe, mentre Rossella va e viene dall'adorata tenuta di Tara, che è fin dall'inizio il simbolo dell'intero Sud devastato dal conflitto. Per arrivare al fatidico "Domani è un altro giorno" Margaret Mitchell impiega più di mille pagine e anche la durata del film sfiora le quattro ore. Tutto il tempo che serve al cinema per imporre sé stesso, hanno sostenuto i molti critici per i quali Via col vento rimane un modello insuperato di presa drammaturgica e di coinvolgimento del pubblico. Ma c'è un altro motivo per cui Via col vento è il cinema al suo meglio, ed è la capacità di sorprendere, di andare al di là delle previsioni. Hattie McDaniel, che nel film interpreta la domestica Mami, vera confidente della sempre irrequieta Rossella, fu la prima attrice afroamericana a vincere un Oscar, nella fattispecie come non protagonista. A pensarci bene, un'altra sconfitta per i confederati.
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